Editoriali

 

"Lettera da una Professoressa: la "Scuola", prima – e carente – infrastruttura del Paese" di Silvana Barbi
 24/07/2008

Gravissimi fatti di cronaca hanno "aperto" in modo sciagurato la stagione delle vacanze: fra i purtroppo molti luttuosi episodi, il Paese si è commosso per la morte di due ragazze italiane: sulle spiagge della Costa Brava , e di Venezia.
Nelle ultimissime settimane è tornato di grande attualità il tema della scuola.
Si esprime qui sull' argomento Silvana Barbi, già Professoressa di Lettere in un liceo milanese e co-autrice del libro " Case da Leggere " ( edizioni by Internews )


«Due povere ragazze morte su spiagge dove "volevano solo divertirsi".

Perché deve succedere? Due brave ragazze, è il mondo che è cattivo. Ma il mondo è sempre stato cattivo ed essere brave non basta. Ragazze brave, ma sprovvedute, ossia non provviste.

Chi le ha educate – la famiglia, la scuola – di che cosa non le ha provviste?

Non so cosa dire di quei genitori dolenti e smarriti che certo hanno fatto il meglio che l’amore loro suggeriva; ma so cosa non ha fatto, non fa, in genere, la scuola, l’altro ente formativo che all’amore per i giovani associa – dovrebbe associare – esperienza e competenza specifiche.

Sono un’ex insegnante, di quelle nate prima del ’50, cresciuta nella scuola prima delle riforme, prima della rimozione di tutti quegli ostacoli – ma gli antropologi li chiamano riti di passaggio – che un ragazzo doveva superare nel cammino verso il mondo adulto, segnato da un esame che giustamente si chiamava prova di maturità.

Ho assistito con profondo dolore allo sgretolamento della scuola, non più facile ma facilona, usata per assorbire la disoccupazione intellettuale, con programmi e progetti che spesso hanno come scopo non la formazione dei giovani, ma l’aumento dei posti di lavoro; e ho visto salire (salire!) in cattedra gente che per l’insegnamento non aveva né l’interesse né l’attitudine.

E’ la Scuola che fa poco, che dà poco, pretende poco, anzi forse non sa neppure cosa serve pretendere.

Tante cose, ma io mi fermo su una che, con la curiosità, è fondamentale, ossia il rigore. Ciò manca nella Scuola (per colpa nostra, non dei giovani) è il rigore: l’utilità, la sensatezza, la chiarezza delle richieste e la esatta corrispondenza nelle risposte (risposte comportamentali/metodologiche non alle interrogazioni, che sono solo uno strumento, e neanche il più importante), la consapevolezza che a un comportamento, atteggiamento, prodotto adeguato segue un premio, e che a uno inadeguato segue una punizione, in una delle tante forme in cui gli umani manifestano la loro disapprovazione. Frettoloso e semplificato? Certo, non c’è spazio, né è la sede. Ma quello che innanzitutto un giovane deve imparare è che ogni nostra azione ha delle conseguenze sempre, che le conseguenze di comportamenti irresponsabili possono essere tragiche, che forse agli altri non capita, ma a te può capitare. E’ invece passata negli anni una pedagogia iperprotettiva dell’incoraggiamento sempre e comunque dell’approvazione a tutti i costi.

Mi spiace, ma proprio perché "il mondo è cattivo" la scuola non può permettersi di essere bonacciona, deve fortificare abituando a una certa dose di frustrazione (purché giusta) all’interno di un ambiente protetto dove trova senso e sostegno, deve abituare alla responsabilità verso se stessi e gli altri, mostrando che ogni azione ha una conseguenza, magari non immediata, ma ce l’ha ("ogni azione innesca una reazione a catena con effetti finali imprevedibili, devi interrogarti su quello che fai" , diceva un mio grande insegnante, don Giussani).

E allora in questi giorni di dibattiti un po’ prevedibili sui giovani e poi sulla crisi economica e sull’EXPO e sulla carenza di infrastrutture, mi viene da dire che la prima infrastruttura carente in questo Paese è la scuola, che senza persone abituate al rigore della preparazione e del comportamento non va da nessuna parte né l’economia, né la politica, né la società. Che una buona scuola è la prima ricchezza di un Paese, che è spesa nel presente ma guadagno nel futuro, che è strumento di progresso individuale e di eguaglianza sociale ( caro Pasolini degli "Scritti corsari").

La Scuola, la Scuola, la Scuola!»