Editoriali

 
A cosa e a chi servono i Saldi?
 

29 dicembre 2010

di Stefano De Robertis

Saldi invernali in Toscana al via il 6 gennaio, nel Lazio dal 2, in Campania il 1 Gennaio, in Sardegna partenza l’8 gennaio. L'ultima regione ad avviare i ribassi, il 10 gennaio, sarà la Valle d'Aosta.

Ogni regione quindi disciplina a modo suo il periodo dei tanto agognati saldi.

Il nomadismo dello shopping ormai è consuetudine per molti italiani, divertente passatempo per chi è disposto a macinare centinaia di chilometri per fare acquisti a buon mercato, solo o in compagnia; il fenomeno è alimentato dallo sviluppo di strutture di attrazione extraregionali nate negli ultimi anni nel nostro paese, come factory outlet, grandi centri commerciali, parchi commerciali o le famose vie cittadine dello shopping e delle griffe; senza contare i flussi crescenti di turisti stranieri che si recano appositamente con viaggi ad hoc in questi luoghi richiamati dal saldo Made in Italy.

Ma l’appeal dei saldi fa presa un po’ su tutti, e nonostante la grande prudenza delle famiglie nel fare la spesa in questo momento di crisi economica, si stima che oltre il 45% degli italiani fa molto affidamento di potersi rifornire con merce a saldo.

L’inizio dei saldi provoca flussi di persone in movimento verso quelle città con strutture in grado di prospettare offerte più varie e allettanti nel rapporto qualità del bene e entità dello sconto.

Molti cittadini varcano quindi i confini per fare i primi “ affari”a saldo fuori dalle vie dello shopping abituale, provocando un esodo che sicuramente svantaggia commercianti e gestori di negozi siti nelle regione in cui si posticipa l’inizio, con perdite cospicue di clienti e vendite.

Inoltre nella attuale conformazione commerciale italiana con la presenza di molte catene nazionali e internazionali su tutto il territorio, la frammentazione delle date comporta una organizzazione costosa in termini di gestione dell’allestimento del punto vendita, piani pubblicitari non uniformi, coordinamento commerciale, autorizzativo e del personale con costi più elevati. Si invoca pertanto da più parti, e da anni, l’adozione di una data unica per tutto il territorio nazionale.

Prima conclusione: uniformare la partenza dei saldi!

Il cittadino peraltro, appare sempre più disorientato anche perché trasmissioni tv dedicate all’evento, servizi sui telegiornali, pubblicità di brand nazionali, informano e documentano sui saldi partendo dalla prima data attuata dalle grandi città (quest’anno il 2 gennaio), e quindi confondendo l’utente che magari abita in una altra regione e ignora l’inizio della stagione degli sconti nella propria zona.

Una data unitaria credo sia fondamentale! Il problema è stabilire quando partire.

A norma di legge a valle del Natale, il primo o il secondo sabato di gennaio coincide con l’avvio dei saldi; è prassi corrente assai diffusa anche se non corretta, da parte di molti operatori, scontare la merce alla cassa nel periodo della cosiddetta “vigilia dei saldi”, altri si sono inventati giornate e orari speciali dedicati ai clienti particolari, magari possessori di carte di fedeltà o nominativi inseriti nei database aziendali. In tali strutture commerciali si possono acquistare “anzitempo” merci a prezzo scontato.

Dal punto di vista tecnico molti operatori sono concordi nell’affermare che i saldi funzionano solo le prime 2-3 settimane poi l’effetto svanisce immediatamente, ma allora perché farli durare la bellezza di 60 giorni per poi andare in letargo fino a marzo? Perché non limitarne la durata?

E poi si fanno iniziare i saldi in un sabato di Gennaio o di Luglio (per quelli estivi), dando il via ad un braccio di ferro tra strutture commerciali, amministrazioni locali, organizzazioni di categoria(e anche qui ogni regione, addirittura ogni città disciplina e agisce in modalità differenti l’una dall’altra). La posta è “strappare” domeniche di apertura straordinaria da dedicare ai saldi con ulteriore dispendio di risorse economiche per pubblicizzarle e di tempo che sarebbe meglio utilizzare per migliorare il servizio al cliente.

Seconda Conclusione: tanto vale anticiparli!

Se nel 2011 sono iniziati il 2 gennaio e per ogni anno che passa si registra una data più vicina all’anno vecchio, a questo punto tanto vale iniziarli a dicembre!

In effetti, l’esempio del Regno Unito andrebbe preso come modello: finita l’euforia dello shopping natalizio i “sale inglesi iniziano subito il giorno di Santo Stefano con risultati positivi: addirittura per molti negozi il giorno 26 rappresenta l’evento più importante dell’anno con funzionali trovate di marketing, e iniziative promozionali degne di nota.

Perché in Italia non si potrebbe seguirne l’esempio?

Del resto, ormai si potrebbe ovviare anche alla apertura del 26 dicembre,visto che, numerose strutture commerciali (anche qui secondo regolamentazioni del tipo ad personam, non uguali per tutti!) vedi factory outlet o località “ pseudo- turistiche”, ottengono il permesso di aprire anche il festivo del 26 dicembre, e quindi le regolamentazioni possono essere modificabili.

A quando l’inizio contestuale dei saldi in ogni angolo del paese?

E’ un elemento ormai noto che dal giorno dopo Natale fino all’inizio dei saldi è un classico periodo commercialmente “morto”, in particolare per le attività di abbigliamento, calzature e accessori in virtù del fatto che i clienti attendono proprio i saldi. Non solo! Proprio nel corso delle festività la gente ha molto tempo libero a disposizione(le persone in vacanza sono sempre più disposte a spendere, senza contare anche l’afflusso di turisti stranieri), con negozi chiusi non si concede loro l’occasione di fare acquisti.

Per contro si tratta sicuramente di un periodo di elevato stress a cui verrebbe sottoposto il personale, prima il Natale con le sue aperture domenicali, poi subito i saldi, e tutto senza un attimo di tregua. Personalmente ritengo che con una buona organizzazione ed una intelligente politica turni/ rotazioni del personale o di assunzioni, si potrebbe ovviare al problema.

Chiediamoci come fanno i negozianti di Londra o di Manchester!

Siamo in un delicato periodo di stagnazione dei consumi dove correttivi per il commercio andrebbero favoriti piuttosto che ignorati. Assisteremo ancora ad anni di dibattiti inconcludenti e posizioni contrastanti, e intanto il commercio è sempre più in crisi, ma allora perchè non lasciare una libera determinazione delle date dei saldi?

Terza conclusione: perché non liberalizzare i saldi?

Un esempio di liberalizzazione è già in vigore a Trento, qui i commercianti determinano liberamente i periodi in cui effettuare i saldi della durata complessiva di 60 giorni. Non mi risulta che nella città un tempo annessa e coccolata dall’Impero asburgico siano successi fallimenti o disastri inenarrabili!

Ma a cosa servono questi saldi?

Alcuni osservatori di orientamento liberista criticano aspramente il fondamento economico alla base dei saldi reputando assurdo che la politica commerciale di una impresa venga regolata da normative: un commerciante dovrebbe operare in un sistema di libera concorrenza, ovvero io fisso i prezzi e vendo, se posso offrire prezzi più bassi perchè non posso abbassare i prezzi quando e come voglio? Sarebbe più onesto che un commerciante stabilisca degli sconti in relazione di quanto si spende/acquista e che li estenda tutto l'anno. Così la cosa è trasparente, si evita la trattativa arabo levantina del mercanteggiare lo sconto.

In merito poi alla natura stessa della rimanenza quale classico prodotto a saldo, esiste molta confusione e carte mischiate poco trasparenti. Eccedenze di produzione? Stock frutto di collezioni invendute o passate? Produzione apposite pro-saldi provenienti da Cina, Taiwan e giù di li? La merce in vendita sotto la voce «saldo» è realmente l'avanzo di quella della stagione che sta finendo e non fondi di magazzino? I cartellini indicano realmente il prezzo effettivo e quello ribassato e il valore reale dello sconto applicato? E i controlli e le multe sono così efficaci? Diciamocela tutta! Nel nostro paese dobbiamo smetterla con l’ipocrisia ed il permissivismo: Tutti sanno ma nessuno interviene.

È apprezzabile ad esempio l’iniziativa della Confcommercio con la campagna di adesione ai 'SALDI CHIARI' che può rappresentare una garanzia di affidabilità nella corretta gestione dei saldi e, dunque, assicura una maggiore fidelizzazione della clientela nei confronti dei negozianti che aderiscono all'iniziativa. L'operazione prevede l'adozione di un decalogo in cui sono riassunte le regole che i commercianti aderenti ai 'SALDI CHIARI' si impegnano a rispettare per tutto il periodo delle vendite di fine stagione.

A mio avviso dovrebbe essere varato una sorta di “protocollo etico” di più ampio raggio,in grado di impegnare sia chi vende come chi compra, valido in tutta la nazione. Basterà? Si riuscirà ad adottare l’adozione nazionale di un protocollo unico e condiviso? Perché attendere che il consumatore si stufi di tutto stanco di essere turlupinato, non più disposto all’abbuffata consumistica degli anni passati?

E intanto si moltiplicano siti web di shopping on line specializzati in griffe scontate che propongono saldi tutto l’anno….

Ultima conclusione. Ma perchè non abolire questi saldi?

Note sull’autore:
Stefano De Robertis è responsabile marketing di Eurocommercial Properties ,società proprietaria di 30 centri commerciali in tutta Europa, tra cui il centro commerciale “I GIGLI”di Firenze. Relatore internazionale, pubblicista e autore di numerosi articoli sul retail marketing,sul commercio e sui Centri Commerciali,De Robertis è membro del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali.