Editoriali

 
La Biennale degli Urbanisti europei a Genova

14-17 Settembre 2011

di Lorenzo Taini (by Internews, inviato)

Vicini o lontani?
Quanti modi d’intendere il concetto di “vicinanza” esistono? E quanto possiamo considerare soggettivo, personale e mutevole il concetto di “prossimità”? Ciò che a qualcuno pare comodo e vicino, ad altri potrebbe risultare lontano e irraggiungibile. Se questo articolo cominciasse raccontando a chi legge che il porto di Rotterdam è “vicino” a Milano, probabilmente la metà dei lettori girerebbe pagina, convinta di non voler leggere altre assurdità.
Si tratta però di ragionare sul concetto di vicinanza senza fossilizzarsi sul suo significato più ovvio. Dovessimo partire domani per Rotterdam e dovessimo andarci in automobile, certamente non ci sembrerebbe un viaggio da poco. Ma se una volta giunti a destinazione, scoprissimo che dal porto di Rotterdam partono ogni giorno sessanta treni carichi di merci provenienti dal Nord Europa e dalle Americhe, non saremmo forse costretti a riconsiderare il sistema di misurazione che ci lasciava immaginare l’industrioso porto come un luogo lontano e con cui niente abbiamo da spartire?
Sessanta treni al giorno sono un corridoio di merci che traversa i confini geografici disegnandone di nuovi.
Discutere di realtà singole significa , nel mondo d’oggi, rassegnarsi a una visione miope e fondamentalmente antistorica. A darcene prova sono gli ormai arcinoti effetti di una globalizzazione generale delle economie, dei consumi e delle stesse abitudini umane. Anche la crisi attuale palesa agli occhi dei più profani di teorie di mercato quanto il sistema sia fatto di responsabilità concatenate. Nell’attuale scenario nessuno affonda da solo, ma l’affondar di uno trascina gli altri nel gorgo. Questo significa che, per fare in modo nessuno affondi, occorre stabilire una tattica comune; uscire dalla crisi economica significa costruire una base solida capace di valorizzare reti e attori, stimolando il rafforzamento di un “sistema Europa” in cui non si condividono solo le regole, gli obblighi e la moneta, ma anche le competenze, le intuizioni, i piani di sviluppo e di crescita.
Esiste, è indubbio, una preoccupazione diffusa per la sensazione di fragilità e di insufficiente tasso di integrazione e coesione politica che gli Stati dell’Unione Europea stanno mostrando di fronte alle fiammate di crisi dei mercati finanziari, fiammate che hanno messo impietosamente in evidenza i grandi difetti strutturali che affliggono alcuni paesi dell’Unione. L’idea di “coesione territoriale”, oltre che politica ed economica è evidentemente quella su cui bisogna che l’Europa lavori, essa è l’unico strumento convincente, capace di farci sperare in una ripresa e nella possibilità di tornare competitivi.
«Proprio la coesione territoriale resta però l’obbiettivo giusto e allo stesso tempo è l’unico strumento convincente per una competitività e per una rinnovata capacità di crescita dell’economia, dell’occupazione e conseguentemente del welfare, della partecipazione e della democrazia stessa, secondo un modello che peraltro è a tutti evidente, non è in grado di ripartire con gli stessi “ingredienti” di prima (dovendo scontare quello che gli economisti chiamano “il decennio perduto”). Una coesione territoriale che si possa però implementare di contenuti e risultati davvero convincenti e concreti, che eviti i regionalismi e i campanilismi tutti. La sfida è quella di una coesione territoriale che consolidi l’esistenza stessa dell’Unione valorizzando i singoli individui, le singole entità e specificità, mettendo in “rete” i punti di forza«. (Carlo Alberto Barbieri-INU, Plenary Session 2: EU 2020, Regional Policy and Territorial cohesion).

La Biennale degli Urbanisti
Di questi temi si è discusso alla ”IX Biennale delle Città e degli Urbanisti europei”, svoltasi nella città di Genova dal 14 al 17 settembre 2011. La Biennale degli urbanisti è un’occasione d’incontro e di discussione sulle grandi tematiche dello sviluppo, del progetto e delle infrastrutture, in cui - ogni volta in una città diversa- gli addetti ai lavori di tutto il mondo s’incontrano per aggiornarsi riguardo lo stato del nostro vivere come organismi geografici e politici.
La Biennale era già stata in Italia nel 1997 (a Roma), ma nonostante i tempi che corrono e malgrado i drastici tagli alla spesa pubblica locale e nazionale, che frenano inevitabilmente iniziative simili, questa edizione ha scelto Genova e i sui bellissimi Magazzini del Cotone affacciati sul porto, proprio sul waterfront e sulla “Via al mare Fabrizio De Andrè”, disegnata e voluta da Renzo Piano durante le ristrutturazioni delle “Colombiadi”.
Genova, grande porto del Mediterraneo, un mare attraversato da profondi cambiamenti. Da un lato, esso è nuovamente crocevia di grandi flussi mercantili che dal Sudest asiatico investono da Sud il continente europeo, con i porti in prima linea. Dall’altro, esso è divenuto scenario di nuovi drammatici eventi, di carattere epocale, che investono gli assetti politici della intera sponda africana. Tensioni e scontri rientrano in pieno tra le grandi mutazioni della nostra epoca.
Comprendere queste mutazioni, e considerare le relazioni di prossimità geografica che l’Europa intrattiene con i suoi vicini e al suo interno, è il compito dell’urbanistica. L’urbanistica deve senza snaturarsi, far proprio questo stretto legame tra l’urbanistica stessa e la politica urbana, tra le dinamiche urbane e le trasformazioni territoriali del nostro tempo. Esiste un nuovo modo di crescere, ed è quella “rete” di Città di cui l’Europa è fatta, una rete di Città unite e di Città che andrebbero meglio collegate. Si tratti di un’autostrada, di una colonna di sessanta treni o di un flusso di dati internet, quel che importa è cominciare a concepire e a elaborare risposte ai problemi ragionando da “sistema Europa” e non da singolo paese. La Forza dell’Unione Europea sta oggi tutta nella sua capacità di considerarsi organismo plurimo. In questo scenario, la risorsa principale diventano quelle città che da sempre hanno una vocazione ad unire, ad accorciare le distanze percepibili: “le città Gateway”, come le hanno appunto definite gli urbanisti giunti al convegno di Genova.
«Guardare alle funzioni di gateway delle città equivale a focalizzare ciò che di innovativo e di mobilitante le città attraggono, ospitano e producono, per necessità o per scelta, o per entrambe le cose, spesso tra loro intrinsecamente legate. Le funzioni di gateway si relazionano alle dinamiche dei flussi, materiali e immateriali, e la densità dei flussi determina il rango delle città. Le città necessitano dei flussi, ma questi vanno interpretati e organizzati, di certo non subiti». (Francesco Migliorini-INU,Relazione introduttiva alla Biennale delle Città e degli Urbanisti europei).
Le città portuali per loro stessa natura allargano i confini oltre la geografia, ribaltano l’idea di lontananza avvicinando i luoghi, le persone e le merci. Quel che occorre fare, ridisegnando le mappe e i corridoi che uniscono i popoli del pianeta, è smettere di considerare le merci più importanti degli uomini.
«Se storicamente le città portuali sono i luoghi per eccellenza in cui gli europei hanno sviluppato i contatti tra loro e col resto del mondo, per questa stessa ragione esse hanno prodotto una particolare attitudine a fare dell’innovazione una opportunità e delle diversità un valore. E’ dunque giusto muovere dalle città porto per inoltrarsi nel sistema di relazioni che innerva le grandi dorsali di comunicazione del territorio europeo, determinando quella struttura di relazioni che oggi si presenta nella forma di grandi sistemi insediativi e di complesse catene produttive, luoghi nevralgici per la creazione del valore aggiunto e del capitale umano territoriale, quello che ha reso l’Europa protagonista nel mondo. Gli europei sono una popolazione tanto gelosa della propria identità quanto timorosa di perderla. Non potendo più essere come in passato, il primo fattore trainante dei cambiamenti mondiali dobbiamo porci come validi interlocutori di chi oggi i grandi cambiamenti li produce e li sfrutta».
Il policentrismo che da sempre caratterizza lo sviluppo europeo dovrà diventare la principale risorsa del nuovo sistema , il vantaggio di una rete organizzata, contro i giganti autosufficienti che il mondo contemporaneo sta generando in Cina o in India.
L’Italia ancor più di altri paesi ha sottovalutato il ruolo competitivo dei porti per l’economia e la mobilità. Senza politiche di sviluppo adeguate, l’idea del nostro paese come naturale piattaforma logistica nel mezzo del Mediterraneo resterà solo uno slogan.

Cosa fare?
Per fare in modo che questa percezione dell’Unione europea cambi, perché si cominci davvero a ragionare come un sistema unito, occorre che anche gli urbanisti facciano la loro parte. «Dobbiamo rivolgere al territorio europeo tre diversi tipi di sguardo. Se visto dal basso possiamo sempre fidarci della nostra visione di urbanisti, nell’ottica disciplinare della buona gestione urbana, ma questo non riuscirà a fornirci una chiara idea sulle dinamiche urbane in atto nell’insieme del continente. Ci servirà uno sguardo dall’alto, quello del geografo, per una valutazione comparata sulle più significative trasformazioni del sistema insediativi in atto nello spazio europeo. Ci servirà infine anche uno sguardo esterno, quello dell’analisi geopolitica e geoeconomica, se vorremmo cogliere il senso delle relazioni economiche che l’Europa intrattiene col resto del mondo».
L’infinita serie di case history presentate nei giorni della Biennale, ha davvero attraversato tutto il globo: Malaga, Gioia Tauro, Bari, Palermo, Genova, Bordeaux, Castellammare e il Mar Baltico, per dirne solo alcune.
«Alle città portuali si deve il ruolo storico di gateway, di porte di accesso al continente europeo. Queste città hanno una duplice funzione: organizzare il flusso delle merci da e per l’Europa e stabilire contatti con paesi e continenti diversi, così divenendo luoghi d’integrazione tra culture diverse, che emancipandosi dal puro aspetto economico hanno stimolato la stessa evoluzione culturale europea» (Rinio Bruttomesso- RETE, Venezia, Workshop 1 : Città porto, la dimensione unica della pianificazione spaziale).
Si è discusso di immigrazione, riconoscendo che «in Europa e più recentemente in Italia, il fenomeno dell’immigrazione ha modificato in modo permanente la composizione etnica delle città. In questa evoluzione demografica, anche gli spazi urbani hanno dovuto fare i conti con l’affermarsi di una società multiculturale. I processi conseguenti all’immigrazione, impattano sull’aspetto fisico, sociale, economico e strutturale dei territori, causando spesso, modificazioni radicali che minacciano la vulnerabilità delle città» (Katia Fabbricotti-DICATA,Università di Napoli,Workshop 6: Immigrazione e nuovi abitanti delle città gateway,Sessione introduttiva).
Molte relazioni presentate alla Biennale degli urbanisti riguardavano invece i progetti infrastrutturali e la pianificazione. «La sfida è la pianificazione multilivello e multisettoriale integrata dalle capacità di assegnare priorità alle azioni e di valutare gli effetti ambientali ed economici. Essa deve essere posta alla base del sistema della programmazione finanziaria pubblica» (Bruno Zano-_Università degli Studi di Trento, Workshop 2 : Corridoi infrastrutturali, processi di ri-territorializzazione e governance territoriale).
Molte altre invece, la trasformazione in corso tra macro-regione e “med-space”. «Il termine macro-regione, usato con un’accezione italiana, rischia di confondere e apparire limitante. Sembra più pertinente l’utilizzo di altri termini, come quello di “meta regione del Nord”, per indicare un territorio capace di configurare dinamiche di pianificazione territoriale e di sviluppo interregionali; dinamiche che non possono prescindere da un sostegno politico e dalla formazione di una strategia supportata da azioni comuni» (Valeria Lingua-Università di Firenze,Workshop 4 : Pianificazione regionale cooperativa: i nodi dell’approccio italiano alle macro-regioni).

La Smart City
Quello che tutti i relatori si sono augurati è un approccio nuovo e integrato, per cui la IX Biennale degli urbanisti europei ha ribadito il termine “Smart”, un neologismo proposto come sintesi concettuale linguistica di un approccio innovativo alla città. «La presenza di una classe creativa, la qualità ambientale e l’attenzione specifica dedicata ad essa, il livello d’istruzione e l’accessibilità multimodale, rivelano tutti una correlazione positiva con la ricchezza urbana. Questo suggerisce la formulazione di una nuova agenda strategica per la smart city europea, al fine di conseguire uno sviluppo urbano sostenibile e un miglioramento del paesaggio» (Pietro Garan-INU, Workshop 5 :Smart Cities e sviluppo urbano).
L’approccio smart comincia dalla città di Genova e dalla sua Biennale degli Urbanisti.

per info:
www.biennaleurbanistica.eu