Editoriali

 
Ripensare Milano: un incontro (e un libro) alla Società Umanitaria in occasione del centenario del quartiere “Le Rottole“
19 novembre 2009
 
di Lorenzo Taini

Era senza dubbio una Milano diversa , quella in cui Prospero Moisé Loria fondò la Società Umanitaria nel 1893.
Era la Milano roccaforte del socialismo sul finire di un secolo lontanissimo. “Mettere i diseredati senza distinzione, in condizione di rilevarsi da sè medesimi, e di operare per l’educazione professionale, intellettuale e morale dei lavoratori”.
Per quanto intrise di ideologismi che oggi suonano stonati, le parole dello statuto della Società Umanitaria avevano un pregio: la chiarezza. E’ da questa chiara e determinata intenzione che vennero cose concrete e durature come il quartiere Solari e il quartiere Le Rottole di Viale Lombardia; i primi due quartieri popolari milanesi pensati e costruiti per i poveri.
Oggi l’Umanitaria e i suoi chiostri stanno affogati dietro il gigantesco monolite grigio del Tribunale e per raggiungere la gloriosa Sala degli Affreschi si attraversa un ristorante alla moda in cui le nicchie che videro pregare i frati prima e bestemmiare i padri costituenti come Piero Calamandrei poi, sono state convertite a divanetti minimali atti al sorseggiamento di aperitivi dai nomi internazionali.
Ed è proprio quella dei nomi la questione centrale. Perché oggi la scritta in stile liberty che sa di cemento all’ingresso delle case di via Solari – Case Popolari Umanitaria – sarebbe – Umanitaria’s Social Housing . Per quella moda secondo cui dire cose in inglese significa dirle e non dirle.
Questo tema stava al centro del dibattito “Ripensare Milano” tenutosi proprio all’Umanitaria il 19 novembre , in occasione del centenario del secondo quartiere operaio delle Rottole. Luca Beltrami Gadola, Giuliano Della Pergola, Angelo Torricelli e Gianni Verga hanno aiutato i presenti a riflettere su quanto -mentre cambiano le parole e mentre cambiano le realtà sociali- i problemi restano fondamentalmente gli stessi.
Ripensare Milano significa, secondo l’Assessore alla Casa del Comune di Milano Gianni Verga, prima di tutto migliorare e snellire le burocrazie e i meccanismi che rendono impossibile alle istituzioni qualunque intervento tempestivo sulle urgenze sociali, prima tra tutte la casa. Riconoscere alle periferie la condizione di “nuovi laboratori sociali” significa cercare risposte allo scontro delle differenti esigenze di chi le abita. La periferia di oggi è il territorio di una multiculturalità cui la nostra società sembra ancora ottusamente impreparata, una multiculturalità con le gambe molli. Ma è anche il territorio ed il teatro del dramma sociale diffiso dell’abbandono degli anziani, isolati nelle periferie da una città che li respinge. Il dialogo tra questi due mondi è la vera sfida sociale di oggi.
“Prospero Moisé Loria passava in mezzo a cotesta atmosfera tanto agitata e calda con l’impassibilità dell’uomo che ha le sue idee fatte, ferre, immutabili. E queste idee si accentrarono in una: del venir sovvenendo a certi, a cui nessuno pensa di esser tenuto, del raccogliere a buon impiego i relitti del tessuto sociale; del fondare insomma una casa che fosse per i rifiutati e i diseredati il soccorso offerto da chi è ancora in piedi a chi cade” (Carlo Emilio Gadda, La Meccanica).
Quei “relitti del tessuto sociale” di cui scriveva Gadda (che era un “Umanitario Doc”) sono gli abitatori delle periferie di oggi. <<Aspettavamo la manodopera e ci sono arrivati degli uomini>> ha detto Giuliano Della Pergola durante la tavola rotonda. A questi uomini, dell’Housing Sociale a prezzi contenuti poco importa. Per questi uomini e queste donne, ha detto bene Verga chiudendo l’incontro, occorre ricominciare a parlare senza ipocrisie di “case per i poveri” recuperando senza ideologismi un poco di spirito dell’Umanitaria e dei suoi principi fondativi.
Alla fine dell’incontro è stato presentato uno strumento che tornerà utile per questo esercizio di memoria e di recupero: “Aria di Umanitaria alle Rottole”, un bel volume a cura di Claudio A. Colombo, Marco Andreula e Anna Maria Liggeri, in cui - attraverso una puntuale e appassionata raccolta di documenti e testimonianze fotografiche - si racconta la nascita del quartiere progettato da Giovanni Broglio nel 1909.