Le mie Interviste

  • INTERVISTA a Torsten Fritze, Partner di Studio & Partners, Milano, 2 agosto 2005
     


Tedesco (la sua città è Amburgo, dove è nato nel 1959), l'architetto Fritze è in realtà un cittadino del mondo. Dopo la scuola superiore, il "Bachlor of Art Degree" lo ha preso a Londra, Central St. Martins, ma ha studiato anche in Italia: Masters Degree presso la Domus Academy, di Milano, e Marketing Degree presso la SDA Bocconi.
Lavora nell'ambito di Architettura, Design e Management.
Dopo un periodo di esperienza iniziale di tre anni a Milano, trasferimento in California, a San Francisco e nella Silicon Valley con Frogdesign, per due anni; ritorno in Europa - Olanda - per tre anni nel Design Management alla Philips Electronics; in Italia come socio di Michele De Lucchi e responsabile del gruppo design Olivetti, seguito da un periodo prevalentemente per clienti internazionali; nel 1997 fondazione di Studio & Partners in societa' con Nicholas Bewick.
Fritze vive a Cernobbio. Lo Studio è in Milano centro.

D. Lei fa l'architetto-manager, ma un architetto è pur sempre un architetto, anche se anche manager. Qual è la Sua idea dell'architettura, oggi, qual è il suo "senso"?
R. Se penso all'architettura autoreferenziale di molti architetti - un nome per tutti, Aldo Rossi - direi che oggi non si possa parlare di un senso dell'architettura. Ma dato che sono un ottimista credo di cogliere anche un'attenzione diffusa per i temi ecologisti ed ambientalisti, per un uso intelligente delle risorse disponibili e in questo consiste il senso dell'architettura oggi per me.

D. Architettura con un rapporto specifico e particolare, quindi, con l'ambiente...
R. Come ho già detto, l'archittetura non può limitarsi ad inserirsi in un contesto, ma deve attivamente integrarvisi, con un processo attento all'uso dei materiali e all'impatto che produrra l'edificio una volta che sarà "in funzione". Occorre quindi una profonda consapevolezza del "genius loci" e delle più innovative soluzioni tecnologiche.

D. Edifici "per collettività"? (penso alla Cattedrale di Brasilia, ma anche un albergo a stelle a Dubai. C'è una nuova simbologia?
R. Se un tempo gli edifici pubblici avevano anche lo scopo di reificare un potere: le cattedrali magnificavano la grandezza di Dio e mostravano al contempo il potere temporale della Chiesa, i castelli e i palazzi incarnavano in modo tangibile e concreto il potere politico, oggi molti edifici pubblici mi sembrano piu che altro un'autocelebrazione del progettista e un'espansione del suo ego. Ma si tratta di alcuni casi, mentre piu in generale penso che la nuova simbologia degli edifici per collettivita vada ravvisata nel tentativo di realizzare opere facilmente fruibili, spazi funzionali, attenti al benessere dell'utente finale. Importando un concetto chiave della tecnologia informatica parlerei di "human interface". Cito per tutti Renzo Piano.

D. Cosa c'è, se c'è, di sbagliato, nell'architettura contemporanea?
R. La contemporaneità. A parte i paradossi: credo che l'architettura non debba vivere hic et nunc, ma portare in grembo le tematiche del domani, senza miopi protagonismi estetizzanti fini a se stessi.

D. Che "peso" ha per Lei la firma di un grande o noto architetto nel valore commerciale di un edificio?
R. Ritengo che la notorietà di un grande architetto influisca piu sul valore simbolico di un edificio, che non su quello prettamente commerciale. In ogni caso il bagaglio di esperienza di un noto architetto ha certamente un effetto positivo sulla qualità del progetto e garantisce al committente delle certezze per quanto concerne lo stile e le soluzioni più adatte per il tipo di edificio che deve essere realizzato.

D. Ha dei "modelli" di architetti? Chi l'ha influenzata di più?
R. Richard Neutra, Frei Otto e l'architettura locale tipica di ogni Paese.

D. Che tipo di edifici Le piace più progettare e realizzare?
R. Luoghi di lavoro e uffici, perchè sono gli spazi in cui passiamo più tempo, talvolta anche piu che nelle nostre case. Purtroppo...

D. Quali materiali predilige, e per che cosa?
R. L'aria, perche lo spazio diventerà la "materia" piu preziosa del futuro. Per quanto riguarda gli altri materiali, meno eterei, sarebbe lungo rispondere: dipende dal tipo di edificio, dalla sua funzione, dal contesto architettonico in cui è inserito, la nazione...

D. Cosa Le piacerebbe progettare, tra le tipologie che non ha ancora fatto? Il famoso architetto Mario Botta, ad esempio, mi ha dichiarato che vorrebbe poterrealizzare un Convento...
R. Un municipio o un ministero, affinchè il rapporto tra stato e cittadino possa migliorare. Sarà forse perche sono tedesco e da noi il concetto di collettivita e di bene comune è fondamentale e molto sentito. Per quanto adori vivere qui, ammetto che a volte in Italia patisco un pò la mancanza di una certezza del diritto. Ricorda Kohlaas? Non Koolhaas, ma il povero Michael che, nel romanzo di Kleist si ribella contro il potere tentando disperatamente di difendere i propri diritti e finisce ghigliottinato? Ecco la mia utopia - nemmeno tanto utopica - : lo stato non deve più essere considerato l'autorità che fa - o più spesso, non fa - graziose concessioni ai propri cittadini, ma piuttosto un ente che si mette al loro servizio. Mi piacerebbe confrontarmi con questa tematica, per favorire e dare espressione a un' inversione di ruoli.

D. Ha mai realizzato, da designer, oggetti di uso quotidiano?
R. Sì, naturalmente! Per Guzzini, Castelli-Haworth, Philips, Sun, Logytec e altri. Comunque la produzione in serie, storicamente tipica del design più che dell'architettura, costituisce ormai un elemento fondamentale anche di quest'ultima. L'architetto contemporaneo deve essere capace di applicare il concetto della produzione in serie alla sua professione, in quanto la nuova logica del cantiere moderno, con il suo alto contenuto di elementi prefabbricati, lo incentiva.

D. Il Paese che ora è anche il Suo, l'Italia, sembra attraversato - dopo anni di immobilismo - da un nuovo fervore immobiliare, cui si unisce un vero e proprio furore architettonico: si parla addirittura di un "nuovo Rinanscimento". Ne arrivano gli echi, nei Paesi in cui Lei lavora, e come?
R. Pur essendo percepito qui come un eccezionale fervore, questo "furore" si riduce ad attivita di ordinaria amministrazione se paragonato al livello normale di attivita architettonica degli altri paesi europei. Direi che all'estero non se ne parla in termini entusiastici; questo anche perchè mancano progetti di rilevanza architettonica internazionale - a parte poche eccezioni come, per esempio, il progetto di Fuksas all'EUR e i due progetti della Fiera a Milano.

D. In Italia stanno operando moltissimi architetti stranieri, da Foster a Liebeskind, da Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto: masterplan, nuovi city quarter, alberghi... Quali architetti italiani sono noti all'estero, secondo Lei?
R. Per lungo tempo solo Renzo Piano, recentemente anche Massimiliano Fuksas.

D. L'architetto sembra aver assunto, da noi, il ruolo di opinion maker, e non solo di opinion leader. Si organizzano dibatti, conferenze dedicate non solo ai temi dell'architettura, ma anche ad altro, e l'architetto è sempre più presente, sempre più invitato, sempre più intervistato. Che ne pensadi questoatteggiamento, che molti definiscono eccesso di "protagonismo", per uno che fa il Suo mestiere? E' così anche all'estero?
R. C'e' chi passa molto tempo nel suo studio e chi negli studi televisivi o nelle sale conferenza: sono scelte che non discuto. All'estero si ha piu opportunità di "praticare" il mestiere, e quindi si può dibattere piu di architettura, soprattutto delle opere realizzate, e meno di altri argomenti. Probabilmente i dibattiti in italia sono piu divertenti e, data la varieta' e spesso amenità degli argomenti trattati, ci sono certamente meno spettatori addormentati tra il pubblico. Quella dei "protagonisti" comunque non e' una categoria solo italiana, ce ne sono anche negli altri Paesi, però non li invitano ai talk show.

D. Grattacieli o non grattacieli? Questo il dibattito, oggi, a Milano. E' noto che il Sindaco Gabriele Albertini ama lo sky-line di Manhattan, e vorrebbe una Milano con molti grattacieli (oltre a quelli già programmati). Qual è il Suo parere?
R. La "città verticale" è l'unica opzione realizzabile per le metropoli del 21esimo secolo, su questo non c'è dubbio. Ho qualche riserva sull'opportunità dell'inserimento dei grattacieli nei diversi contesti architettonici: penso alle realtà storiche o di piccole dimensioni. Ad esempio, non ho mai capito il valore dei grattacieli in una città come, ad esempio, Brescia.