Le mie Interviste

  • INTERVISTA a Maurice Kanah ( 5 dicembre 2005 )

Di origine italo-francese, Mauruce Kanah vive e lavora tra Milano e Roma. Dopo la Laurea in Architettura, conseguita al Politecnico di Milano, negli anni 1973-74 partecipa alla redazione della rivista "Urbanistica a Milano. E' Assistente alla Cattedra di Composizione Architettonica presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano fino al 1979. Contemporaneamente intraprende la libera professione, e dal 1991 è Socio fondatore, Amministratore Unico e Direttore Tecnico della Kconsult Engineering Srl.

Nel corso della sua pluriennale attività si è occupato e si occupa di urbanistica, di architettura e di progettazione di interni, ha una particolare esperienza in merito alle problematiche del restauro e del riuso, del recupero di edifici industriali collettivi e di servizio, di edilizia ospedaliera, della ristrutturazione tecnologica ed impiantistica, della sistemazione di grandi uffici e di complessi produttivi, di progettazione di infrastrutture pubbliche. Già Membro in qualità di esperto del Comitato Tecnico Amministrativo del Provveditorato alle Opere Pubbliche per il Lazio, dal 1996 è Membro in qualità di esperto della 1ª Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Maurice Kanah ha sviluppato e sviluppa la sua ricerca teorica ed operativa su temi di architettura e innovazione, sulla gestione del progetto, sulla qualità tecnologica in funzione della componentistica e dei materiali innovativi. Già consulente del Ministero degli Affari Esteri, è dal 2001 Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione del Palazzo della Farnesina e delle Sedi distaccate.

D. Fai l'architetto-manager, ma un architetto è pur sempre un architetto, anche se è anche manager. Qual'è la Tua idea dell' architettura, oggi, qual'è il suo "senso"?
R. Partecipare alla modellazione dello spazio è sicuramente un esercizio di grande impatto emotivo, sia per i tecnici del settore, ma anche per tutti coloro che avessero voglia di concentrarsi in un gioco nello spazio per lo spazio. Questa considerazione esplicita il ruolo di empatia tra aspetti umani ed architettura. La mia formazione fa riferimento ad una cultura razionalista con una infiltrazione di una scienza contemporanea, spesso immanente, la quale irrompe nella ricerca compositiva in un gioco legato alla sperimentazione delle tematiche poste dalla immaginazione poetica in un continuo spazio/temporale. Il processo della conoscenza diventa così una filosofia di vita, dove è indispensabile essere presenti, presenti all’immagine, nell’estasi provocata dalla novità della propria essenza.Da questo primo approccio alla tematica posta, si evince la complessità di un ruolo e di una fenomenologia legati ad aspetti creativi, come prodotto diretto del cuore, dell’anima, dell’essere umano, colto nella sua attualità.Per concludere: il gioco ancora più coinvolgente è dare l’irrealtà all’immagine legata ad una forte realtà che vuol dire portarci nel soffio della poesia.

D. Architettura: quale il rapporto, in particolare, con l'ambiente?
R. L’impatto sull’ambiente è particolarmente invasivo sia dal punto di vista della sua massa, che dell’inquinamento da assorbimento energetico. Un buon progetto può averenello spazio un ruolo colloquiale con il suo intorno, quindi meno stressante per la spazialità ambientale, ma pur sempre invasivo.Per meglio evidenziare l’ultima considerazione è necessario conoscere il Guggenheim di Bilbao, progettato da O’Ghery. Tornando all’inquinamento della nostra città che è in forte aumento con delle punte che rendono irrespirabile l’aria, questa situazione è dovuta ad una grande assenza delle istituzioni, ma anche ad una grande impreparazione culturale e tecnica dei nostri architetti ed ingegneri. Da tempo mi occupo di strutture passive, ma con scarso interesse da parte dell’Amministrazione Pubblica.

D. Edifici "per collettività" (penso alla Cattedrale di Brasilia, ma anche un albergo a sette stelle a Dubai): c'è una nuova simbologia?
R. Storicamente la simbologia ha sempre avuto un ruolo portante nell’immaginario collettivo; oggi come nel passato l’espressione del potere materiale ed immateriale ha trovato nell’architettura un grande strumento di comunicazione (in S. Giminiano, La Caupola di S. Maria del Fiore, la Muraglia cinese, ecc.).

D. Cosa c'è, se c'è, di sbagliato, nell'architettura contemporanea?
R. Non credo che si possa parlare di architettura sbagliata. Penso che i progettisti facciano poca ricerca e che spesso siano modaioli. Questo è grave perché spesso il risultato provoca un impatto nell’ambiente fortemente negativo.

D. Hai dei "modelli" di architetti, chi Ti ha influenzato di più?
R. L’architetto di riferimento culturale più importante nella mia formazione è l’architetto Marco Porta, che voglio ricordare per due libri formativi per la conoscenza dell’architettura: "Città museo ed architettura" e "L’architettura di Ignazio Gardella".

D. Che tipo di edifici Ti piace più progettare e realizzare?
R.Tendenzialmente ho più piacere a progettare ciò che non ho mai progettato.

D. Quali materiali prediligi , e per che cosa?
R. Sono alla continua ricerca di materiali che possano essere malleabili nell’uso.

D. Cosa Ti piacerebbe progettare, tra le tipologie che non hai ancora fatto? Mario Botta, ad esempio, mi ha dichiarato che vorrebbe poter realizzare un Convento...
R. Botta vuole progettare un convento forse perché "l’ultima opera" di Le Corbusier, il convento "la Tourette" è un riferimento storico importante (non è vanitoso!). Il mio desiderio sarebbe di progettare una chiesa per mettere in luce alcune interferenze di tipo filosofico particolarmente interessanti, dovute alla nuova e ritrovata qualità liturgica.

D. Hai mai realizzato, da designer, oggetti di uso quotidiano?
R. Nel passato ho progettato per Tecno dei sistemi per uffici.

D. Che "peso" ha per Te la firma di un grande o noto architetto nel valore commerciale di un edificio?
R. Personalmente nessuno, se non la curiosità di scoprire come è stata risolta la qualità architettonica.

D. L'Italia sembra attraversata - dopo anni di immobilismo - da una nuovo fervore immobiliare, cui si unisce un vero e proprio furore architettonico: si parla addiritttura di "nuovo Rinanscimento". Che giudizio dai di questo "fenomeno"?
R. Il rinnovamento inteso come valore antropocentrico, è lontano da esserlo. E’ vero che il fenomeno della produzione architettonica è particolarmente vistoso, ma ancora oggi i grandi progetti non sono stati realizzati se non la nuova Fiera di Milano. La Fiera in particolare è un progetto di qualità, se pur tardivo, ma con dei contenuti di speranza, di rilancio della nostra economia talmente vasto che assume uno spessore forse unico nel panorama nazionale. Voglio dire che il processo di riqualificazione delle nostre città o del tessuto urbano ha forse solo 5 anni di storia ed è poco per fare un bilancio culturale.

D. In Italia stanno operando moltissimi architetti stranieri, da Foster a Liebeskind, da Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto : masterplan, nuovi city quarter, alberghi... Che spazio dovrebbero, allora, conquistare gli architetti italiani?
R. Gli architetti italiani hanno tutte le capacità per essere degli ottimi progettisti, peccato che spesso siano esonerati a partecipare ai grandi progetti, ma di questo fenomeno sono responsabili le Istituzioni che spesso si comportano in modo retrivo.

D. L' architetto sembra aver assunto, da noi, il ruolo di opinion maker e non solo di opinion leader. Si organizzano dibatti, conferenze dedicate non solo ai temi dell' architettura, ma anche ad altro, e l' architetto è sempre più presente, sempre più invitato, sempre più intervistato. Che ne pensi di questo atteggiamento, che molti definiscono eccesso di "protagonismo", per uno che fa il Tuo mestiere?
R. Spesso i contenuti culturali di questi interventi sono privi di qualità e quindi di poco interesse. Mi ricordo di un intervento dell’Arch. Michael Graves alla Triennale di tanti anni fa. Sembra un sogno irripetibile…

D. Grattacieli o non grattacieli: è questo il dibattito, oggi, a Milano. E' noto che il Sindaco Gabriele Albertini ama lo sky-line di Manhattan e vorrebbe una Milano con molti grattacieli (oltre a quelli già "programmati"). Qual'è il Tuo parere ?
R. Grattacieli si e no, è una problematica falsa. Un buon progetto non si misura in altezza; forse sarebbe opportuno porre il problema in modo diverso: dove collocare superstrutture a Milano? Questo è un problema che mi sembra decisamente trascurato.