Le mie Interviste

  • Intervista a Luigi Mangano, Amministratore Unico DEGW ITALIA Architects and Consultants. 6 giugno 2005


Nato a Catania, Luigi Mangano vive e lavora a Milano.
Dopo la Laurea in Architettura, conseguita presso l'Università di Palermo, e alcune esperienze in Tunisia (Urbanistica) e negli Stati Uniti (Urban Design), da circa 30 anni lavora con il Gruppo DEGW - di cui è azionista - svolgendo attività centrate sullo Space Planning, l'Interior Design, Business Development e sullo Strategic Marketing, svolte principalmente in Messico, Belgio, Spagna, in Inghilterra, ed in Italia (negli ultimi 19 anni).
 

D. Hai sempre fatto l'architetto-manager, ma un architetto è pur sempre un architetto, anche se è anche manager. Qual'è la tua idea dell'architettura, oggi, qual'è il suo "senso"?
R. Per me l'architettura è un affare di cuore; significa impegnarsi per progettare emozioni e migliorare la qualità della vita. Certamente unire la metodologia anglosassone della DEGW alle pulsioni latine (sicule!) è stata una bella sfida.

D. Architettura: quale il rapporto, in particolare, con l'ambiente...
R. Il clima architettonico e culturale italiano è sostanzialmente dominato dal conformismo. E' molto raro imbattersi in qualcosa di insolito e di pensato fuori dagli schemi correnti. L'ambiente ed il contesto diventano molte volte slogans vuoti. Eppure progettare e costruire bene hanno un positivo un positivo impatto sull'economia

D. Edifici "per collettività" (penso alla Cattedrale di Brasilia, ma anche un albergo a sette stelle a Dubai): c'è una nuova simbologia?
R. Certamente il capitalismo ha bisogno di nuove simbologie e di nuove icone urbane per vendere sempre di più, ma la vera architettura deve essere un'alchimia di emozioni e di ricordi, capace di esprimere gerarchie di qualità. Bilbao, Barcellona, Parigi, Londra etc hanno rivisto radicalmente le proprie identità, mentre Milano dorme o sonnecchia!

D. Cosa c'è, se c'è, di sbagliato, nell'architettura contemporanea?
R. C'è bisogno di effervescenza e di un vero dinamismo delle idee. La società italiana non è più capace di lottare contro l'omologazione ed i luoghi comuni! Forse occorrerebbe una nuova rivoluzione culturale!

D. Hai dei "modelli" di architetti, chi Ti ha influenzato di più?
R. Ho sempre amato Louis Khan e Frank Lloyds Wright. Oggi ammiro Piano e Herzgog de Meuron.

D. Che tipo di edifici Ti piace più progettare e realizzare?
R. Certamente edifici per uffici e poi, parchi scientifici e tecnologici. Cioè pensare ai nuovi stili e alle nuove modalità di lavoro con i relativi aspetti funzionali, urbanistici, antropologici, tecnologici ed estetici.

D. Quali materiali prediligi, e per che cosa?
R. Materiali tradizionali, anche se le nuove tecnologie o meglio le ricadute dalle ricerche sui materiali per i viaggi spaziali stanno influenzando i rivestimenti, le facciate (nuove ceramiche, acciai speciali, etc.) Puntare su ricerca e innovazione anche in architettura deve diventare una priorità, se vogliamo vera innovazione anche in questo settore.

D. Cosa Ti piacerebbe progettare, tra le tipologie che non hai ancora fatto? Il famoso architetto Mario Botta, ad esempio, mi ha dichiarato che vorrebbe poter realizzare un Convento...
R. Una chiesa ed un college tipo campus per studenti con spazi sociali tipo biblioteche, ecc.

D. Hai mai realizzato, da designer, oggetti di uso quotidiano?
R. No.

D. Che "peso" ha per Te la firma di un grande o noto architetto nel valore commerciale di un edificio?
R. Non credo che le "firme" di grandi e di noti architetti siano sempre garanzie di qualità. Il valore "politico" di un progetto architettonico è e rimane sempre, il suo valore architettonico.

D. L'Italia sembra attraversata - dopo anni di immobilismo - da una nuovo fervore immobiliare, cui si unisce un vero e proprio furore architettonico: si parla addiritttura di "nuovo Rinanscimento". Che giudizio dai di questo "fenomeno"?
R. «La difficoltà» diceva John Maynard Keynes «non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie». Non vorrei che dietro tutto questo "nuovo rinascimento", questo furore di creare spettacoli fini a se stessi, ("è del fin sia la meraviglia") ci fossero soltanto speculazioni immobiliari di facciata. Non vedo per adesso grandi partecipazioni emotive mobilitazioni o consultazioni con i cittadini su questi nuovi progetti!

D. In Italia stanno operando moltissimi architetti stranieri, da Foster a Liebeskind, da Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto: masterplan, nuovi city quarter, alberghi... Che spazio dovrebbero, allora, conquistare gli architetti italiani?
R. Lo sconcio delle periferie delle nostre città, alcuni mostri realizzati e mai abbatturi negli ultimi decenni, il proliferare di "architetti politici" gridano vendetta. Uno spazio urbano o una architettura che non abbia una sua individualità sono spazi ed architetture sprecate. C'è da augurarsi che le nuove generazioni dei quarantenni riescano a fare una intelligente massa critica per contrastare le famose stars e riconquistare nuovi spazi creativi e nuove progettualità.

D. L'architetto sembra aver assunto, da noi, il ruolo di opinion maker, e non solo di opinion leader. Si organizzano dibatti, conferenze dedicate non solo ai temi dell'architettura, ma anche ad altro, e l'architetto è sempre più presente, sempre più invitato, sempre più intervistato. Che ne pensi di questo atteggiamento, che molti definiscono eccesso di "protagonismo" , per uno che fa il Tuo mestiere?
R. I prezzemolini o i presenzialisti sono purtroppo in aumento! Non so quanti di questi personaggi televisivi contribuiscano davvero a migliorare il deficit cognitivo imperante e siano in sostanza veramente capaci di lottare contro la burocratizzazione dei cervelli. Di fronte alle disattenzioni selettive, di fronte all'assenza, per esempio, di vere critiche sulle future speculazioni immobiliari o sul realismo socialista e sull'estetica sdamoviana che ha influenzato e influenzerà Milano, val la pena di citare Oscar Wilde «Vivere è la cosa più difficile; molta gente esiste, ecco tutto!».

D. Grattacieli o non grattacieli: è questo il dibattito, oggi, a Milano. E' noto che il Sindaco Gabriele Albertini ama lo sky-line di Manhattan, e vorrebbe una Milano con molti grattacieli (oltre a quelli già "programmati"). Qual'è il Tuo parere?
R. Ben vengano i grattacieli anche se invece di "skyscrapers, ovvero edifici alti un minimo di 150 metri" io punterei sui "groundscrapers" più umani, più inseriti nel nostro contesto storico e culturale. Milano ha certamente bisogno di una nuova dimensione internazionale che la renda meno noiosa e davvero europea, utilizzando nuovi modelli di business, nuovi fattori di efficienza, nuove connettività sociali, nuove "agorà democratiche" e finalmente realizzate, nuove biblioteche, cioè veri granai contro l'inverno dello spirito!