Rapporti e Analisi

 
Le città italiane, secondo il Censis

18 luglio 2008

"In nove grandi regioni metropolitane del Paese si concentra ormai il 55% della popolazione italiana e più della metà degli addetti al terziario. Si va profilando qualcosa di diverso dal policentrismo un po’ isolato e individualistico dei vecchi sistemi locali di piccole e medie imprese, si afferma piuttosto un «megacentrismo territoriale», con conglomerati di insediamenti dove si progetta, si produce, si vende, si smista, si vive e si abita fuori da maglie ordinate o da schemi percepibili attraverso specifici segni. «Finiamo per vivere in grandi conurbazioni popolate e congestionate – ha detto Giuseppe Roma, direttore generale del Censis – magari anche abitando in un piccolo centro, ma con la necessità di muoversi nel territorio, prevalentemente a bordo del nostro mezzo individuale, senza la possibilità dell’incontro casuale, della relazionalità allargata che ha sempre costituito uno dei paradigmi della città italiana, con la sua piazza e i suoi luoghi di socializzazione. I coriandoli diventano particelle di un borotalco che si spande e si raccoglie con i ritmi continui e ormai asistematici dell’economia terziaria».

Città con problemi, ma vivibili. Per la vivibilità, le città italiane ricevono dai propri abitanti un voto di sufficienza, in quanto il 65% le giudica con una qualità della vita abbastanza buona. Il giudizio d’eccellenza riguarda maggiormente le piccole città (23% rispetto a una media del 19%). All’estremo opposto, la vivibilità delle grandi aree urbane è inaccettabile per il 12% e per un ulteriore 7% si genera addirittura un sentimento di fuga. Per quanto riguarda l’ambiente, le maggiori insoddisfazioni sono per la pulizia e la manutenzione delle strade, denunciate dal 27% degli italiani, con punte del 41% a Milano, del 48% a Roma e del 68% a Napoli. Un «paradiso» per la sostenibilità ambientale è costituito dalle piccole città, con meno di 50.000 abitanti, dove la qualità dell’aria, lo smaltimento dei rifiuti e il verde pubblico vengono giudicati positivamente da circa l’80%.

Contro il traffico, più autobus e piste ciclabili. Il 46,6% degli intervistati ritiene che il traffico stradale nella propria città sia sempre soggetto a fenomeni di congestionamento. Nelle grandi città la percentuale raggiunge il 62,2%, con una punta a Milano dell’80,1%. Ne discende la percezione diffusa di un forte inquinamento dell’aria (48%), con punte dell’87,4% a Milano. La soluzione connessa all’utilizzo delle due ruote comporta comunque dei problemi riflessi, in particolare relativamente all’incolumità di chi sceglie questa modalità di trasporto: il 60,5% degli intervistati ritiene infatti che sia molto elevato il rischio di incidentalità per motociclisti e scooteristi. L’opzione del trasporto pubblico, naturale risposta ai problemi di congestionamento da traffico privato, è in realtà scarsamente praticabile, poiché si registra un 40,4% di cittadini che dichiara di non potervi ricorrere in quanto non conciliabile con i propri itinerari. Problemi di sicurezza emergono invece per chi si sposta nelle ore notturne: il 53,4% dei cittadini (che salgono al 66,9% nelle grandi città) ritiene che in tali orari circolino persone che guidano in modo molto pericoloso. In merito alla disponibilità di taxi in città, la percentuale di coloro che ritiene che non si trovino facilmente è del 21,9%.

L’agenda dei cittadini per la città sostenibile. Se questo è lo scenario di riferimento, non stupisce che al primo posto tra le richieste dei cittadini si collochi il potenziamento dei servizi di trasporto collettivo (29,5%, con punte del 44,7% a Roma) al quale occorre aggiungere la richiesta di nuove corsie preferenziali (12,5%, con un punta del 20,4% nel comune di Napoli). Al secondo posto tra le diverse opzioni possibili viene indicata la realizzazione di piste ciclabili o in genere di misure atte ad incrementare l’uso della bicicletta. Questa scelta contraddistingue soprattutto gli abitanti delle città di media e piccola dimensione (25% circa), mentre nei grandi centri la fiducia in questo tipo di misure si attesta una decina di punti percentuali più in basso (15,2%). (stralcio dal CS del Censis)