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E’ in distribuzione Economia Immobiliare n° 43, primo semestre 2012

 


Rapporti e Analisi -

 

Il mercato italiano nel 1 trimestre, secondo UBH

15/04/2009

 

«L’indagine sull’andamento del mercato residenziale italiano ha coinvolto i primi 15 comuni capoluogo per numero di residenti basandosi su rilevazioni effettuate tramite le agenzie dei due franchising network, Professionecasa e Grimaldi Immobiliare.

(i comuni oggetto dell’indagine sono: Torino, Milano, Padova, Verona, Venezia, Trieste, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Catania, Messina)


La dicotomia del mercato: in un quadro di ridimensionamento generale, nelle grandi città il mercato è più vivace

Si confermano le tendenze rilevate a fine 2008: nelle grandi città la domanda ha rallentato ma in misura minore rispetto ai comuni della provincia; cresce la difficoltà ad acquistare delle famiglie meno liquide, si alza la barriera del merito creditizio, forte diminuzione della domanda dei lavoratori stranieri.

Alla fine del primo trimestre 2009 il mercato immobiliare residenziale italiano conferma quelle che erano le tendenze registrate alla fine dell’anno scorso: le compravendite sono scese sia nelle grandi che nelle medie città ma a velocità differente. La velocità maggiore è data dagli scambi in discesa delle medie e piccole realtà urbane localizzate soprattutto nella provincia delle maggiori aree metropolitane (-4,5% rispetto al primo trimestre 2008). Nei grandi centri urbani la frenata è più contenuta (-3,2%). La tendenza al calo degli scambi nei comuni della Provincia investe, seppur con differenti pesi, tutte le macroaree del Nord, del Centro e del Sud del Paese.

Sebbene i primi segnali di frenata siano nati nel 2007, quando i comuni non capoluogo vedevano gli scambi calare del 3,5% circa, è stato il 2008 l’anno dell’arresto brusco di questi mercati (- 15,3%). Ragionando su un periodo che inizia dall’ormai lontano 1998, anno di partenza del ciclo positivo del mercato, in questi 11 anni le compravendite nei comuni dell’hinterland delle grandi città sono cresciute del 3,4% all’anno. Mentre gli scambi nei comuni capoluogo sono calati esattamente dell’1,0% annuo. Dunque, sul lungo periodo, la dicotomia fra capoluoghi e restanti comuni d’Italia è invertita ed il confronto fra le compravendite avvenute l’anno scorso e nel 1998 la fa risaltare ancora di più: -10,6% nelle città capoluogo; +37,5% negli altri comuni della  provincia.


La domanda che oggi si muove meglio è quella “liquida”

Per la domanda di abitazioni in acquisto nei comuni capoluogo, monitorati rispetto a inizio 2009, non si registrano particolari variazioni negative, è anche vero che per capire meglio come si sta assestando il mercato in questo 2009 di recessione globale, bisognerà attendere la stagione estiva, ovvero in un periodo che, insieme all’autunno, ha da sempre caratterizzato in senso positivo il mercato.

Non c’è dubbio che oggi il mercato cittadino è fortemente caratterizzato da acquirenti con una sana e robusta base di liquidità e che sono intenzionati ad acquistare senza dover ricorrere a forti richieste di finanziamento. Quantificando in termini percentuali possiamo stimare che la domanda dei compratori “liquidi” oggi copre più del 50% del totale. I dati definitivi del 2008 hanno fatto segnare un deciso decremento delle compravendite effettuate con l’ausilio di un mutuo, (-27,0%) a cui si aggiunge la diminuzione del capitale complessivo erogato che è stata di circa il 28,0%.

Una ulteriore conferma sulla crescita di questa tipologia di domanda arriva dagli “investitori di ritorno” dai mercati finanziari. Sempre più alto è il numero di coloro che decidono di reinvestire parte dei loro risparmi,nell’acquisto di un immobile sia abitativo che non. Il tasso di crescita della domanda da investimento è tornato vicino alle cifre doppie dei primi anni ’90 (+8,5%), spinto anche dalle possibilità di poter trattare maggiormente sui prezzi di vendita


Davanti ad una domanda più forte sulla trattative l’offerta si ammorbidisce

L’offerta è cresciuta, particolarmente nei semicentri e nelle periferie, per le abitazioni sia di taglio medio piccolo che di taglio grande, soprattutto usate e da ristrutturare.

In sintesi il 60% dell’offerta è composto da appartamenti con metrature comprese fra i 40 e gli 80 metri quadri, il 25% fra i 90 ed i 130 metri quadri ed il restante 15% dagli appartamenti di taglio maggiore superiore ai 150 metri quadri.

A fronte dei cali e dell’atteggiamento attendista della domanda, l’offerta comincia a dimostrarsi più morbida e disponibile ad una maggiore trattativa. I casi estremi sono dati da coloro che devono vendere per necessità per svariate motivazioni: mancanza di liquidità (spesso più che dimezzata dagli investimenti finanziari), difficoltà lavorative (sia per gli imprenditori che per i dipendenti) o causa pagamento dei debiti contratti quando le fonti di guadagno parevano non arrestarsi nella loro crescita.


Riducendosi i prezzi lo sconto si stabilizza, i tempi medi di vendita si posizionano sui 6 mesi

Il dato che certifica la differenza fra quello che è il prezzo iniziale di vendita e quello finale è cresciuto di trimestre in trimestre da ormai 2 anni. Oggi sembra essersi stabilizzato su di una media nazionale intorno al 15%, ma si tratta di una percentuale che in verità potrebbe nel medio periodo abbassarsi poiché essa rappresenta sostanzialmente la distanza che esiste oggi fra l’offerta e la domanda sulla base del prezzo di vendita.

Assistendo in questi mesi ad un processo in atto di riaggiustamento dei valori, l’indicatore dovrebbe cambiare direzione e riportarsi sotto il 10%, quando i prezzi si saranno ristabilizzati (non prima del 2010).


Offerta e prezzi, chi scenderà prima?

Secondo l’Agenzia del Territorio l’indice dei prezzi basato sul loro campione (227 Comuni), nel secondo semestre 2008 ha fatto segnare una crescita vicina allo 0 (+0,2%), con i Comuni Capoluogo che segnano un -0,3% e i Comuni non Capoluogo che registrano una crescita del 2,1%.

Pur con la dovuta prudenza, data dalla diversità quantitativa dei campioni esaminati, non ci sentiamo di poter affermare che nei comuni dell’hinterland e della provincia delle grandi aree metropolitane i prezzi sono ancora cresciuti. Anzi, se per le grandi città un dato generico di stabilità o meglio stagnazione dei valori può essere tutto sommato condiviso, per le piccole realtà urbane il dato oggi, soprattutto legato alle nuove costruzioni e agli immobili totalmente da ristrutturare, è di una discesa in atto dei valori compresa fra i 5 e i 10 punti percentuali. Esistono ovviamente mille realtà diverse ma, il dato comune è che oggi le vendite o vengono fatte ai prezzi di fine 2007 o altrimenti si sconta il prezzo per incentivare all’acquisto.

Nei centri storici di Milano e Roma i valori non sono scesi nella media, le compravendite si chiudono a prezzi simili a quelli di inizio 2008 e solo nei casi degli immobili di qualità bassa esistono delle revisioni sui valori di vendita intorno al 5%.

Se il ciclonegativo della domanda si farà più forte, questo indurrà sempre più venditori a ridurre il prezzo o a ritirare dal mercato il prodotto in attesa di tempi migliori. In sostanza, potremmo assistere a due scenari differenti: una riduzione dell’offerta oppure una riduzione dei prezzi. Tutto dipenderà da come reagirà la domanda.

Sul fronte prezzi in questi primi tre mesi del 2009 non ci sono quindi forti variazioni negative da segnalare. Sul raffronto temporale abbiamo riscontrato che rispetto a gennaio non ci sono state correzioni di sorta, resta l’analisi sul raffronto “year to date” che indica una flessione circa del 10,0% nominale medio per le abitazioni vecchie da ristrutturare e del 5,5% nominale medio per le abitazioni nuove o ristrutturate.


Locazione o acquisto, permane il dubbio ma per meno famiglie

Il mercato degli affitti sembra dare qualche piccolo segnale di ripresa nelle grandi città, o meglio, l’offerta di abitazioni in locazione non è più cresciuta con gli stessi ritmi ma resta comunque in netto surplus rispetto alla domanda. La contraddizione principale è che oggi oltre il 60% della domanda di abitazioni in affitto ha un budget di spesa mensile non superiore ai 450 euro, mentre l’offerta media si aggira intorno ai 750 euro al mese.

Questa è un’altra delle contraddizioni del mercato degli affitti che non uscirà dalla sua posizione di stand by sino a quando il Governo non deciderà di prendere in mano la situazione applicando finalmente la proposta di una aliquota fissa, al 20%, sui redditi da locazione.

Nelle città medie si fatica ad affittare e le abitazioni in offerta restano sul mercato anche più di 3 mesi, spesso la domanda non corrisponde al tipo di profilo a cui il proprietario vorrebbe affittare l’abitazione (lavoratori atipici, lavoratori stranieri, i casi più comuni).

Per una alta fetta del mercato immobiliare, almeno il 15%, la scelta fra rata del mutuo e rata dell’affitto è scomparsa, coloro che miravano all’acquisto della loro prima casa si sono trasformati in “forzati dell’affitto”, in attesa di tempi migliori.

I rendimenti in generale sono in leggera crescita, si tratta di aggiustamenti relativi al rapporto con l’andamento dei prezzi di vendita, in discesa, dei canoni di locazione che invece sono in linea generale stagnanti.

Oggi, con i rendimenti netti dei BOT sotto l’1%, anche le rendite da locazione sono diventate più appetibili: mediamente il ritorno netto annuo è intorno al 2,5%, con punte anche del 3,8%. Se si vuole, si può ben dire che l’investimento immobiliare in queste circostanze si dimostra molto più vincente; se non è il capital gain dell’immobile che cresce, è il rendimento a garantire un ritorno sull’investimento.


Le previsioni per il prossimo trimestre

Il ciclo del mercato immobiliare odierno è probabilmente entrato in una fase che potrà avere due sbocchi.

Prima ipotesi: dopo un periodo di decrescita delle compravendite che ha inizialmente colpito le grandi città e poi, in maniera più forte, i comuni della provincia, si assisterà ad un periodo di ulteriore arretramento delle compravendite con prezzi in leggero calo.

Seconda ipotesi: l’emorragia sul fronte degli scambi si arresta ma i prezzi tendono scendere ancora ed in maniera più sostanziale che nel recentissimo passato.

Nel primo caso, il peggiore, quando gli scambi continuano a scendere ma i prezzi restano stabili, ci si deve attendere nel futuro una ulteriore flessione sia di compravendite che di valori. Nel secondo caso, si tratta invece di un segnale maggiormente positivo, le compravendite si stabilizzano ed i prezzi proseguono nella loro discesa sino a quando raggiungono un punto di equilibrio, solitamente circa 6 mesi dopo la stabilizzazione delle compravendite.

Con l’arrivo della primavera si entra tradizionalmente nel periodo in cui il mercato storicamente segna la fase più “calda” dell’anno. Secondo gli operatori, il vero banco di prova di questo 2009 sarà proprio questo, ovvero il momento in cui si andranno a confermare o meno le tendenze che il mercato sta fornendo oggi.

Alla fine del primo trimestre 2008 avevamo previsto che per la fine dell’anno i prezzi avrebbero fatto segnare una diminuzione media del 5,0%.

Oggi, dopo aver certificato che la discesa dei valori è stata dell’8,8%, riteniamo che non sia azzardato attendersi ancora una riduzione, ma non superiore ai 7/8 punti percentuali nominali.


Il “Piano Casa” , quali conseguenze per il mercato

Al di là di tutte le considerazioni da fare sulle normative che le Regioni dovranno approvare e sulle tempistiche dell’iter di approvazione del “piano casa” che è ancora in via di definizione, si possono già fare alcune considerazioni squisitamente di mercato pensando a come queste innovazioni si andrebbero ad impattare su domanda e offerta, in particolare nel segmento residenziale. Innanzi tutto la prima considerazione è che il piano va a interessare delle tipologie abitative che si trovano in gran parte al di fuori delle aree metropolitane, piuttosto nelle macro aree della Provincia, nei piccoli comuni non capoluogo. L’impatto eventuale potrebbe quindi essere negativo per la dinamicità del mercato di queste piccole realtà, sapendo fra l’altro che il 72% circa dei comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti. Impatto negativo per il mercato della sostituzione e quindi anche dell’offerta del prodotto di nuova realizzazione.

L’eventuale possibilità di poter ampliare la casa di proprietà per necessità ed esigenze proprie senza dover più prendere in considerazione la messa in vendita dell’immobile per acquistarne uno nuovo non è certamente stimolante per il mercato basato sulla sostituzione del prodotto.

L’eventuale rallentamento del ciclo di ricambio fra domanda e offerta potrebbe lasciare poco spazio al mercato che si crea quando il venditore realizza un buon guadagno che gli permette quel salto di qualità facendolo passare da un prodotto di livello medio - basso ad uno di più alto livello, permettendo a sua volta all’acquirente medio di fare un salto ulteriore e di acquistare un prodotto migliore sia dal punto di vista qualitativo che localizzativo.

I rischi per il mercato della Provincia, ricco di prodotti potenzialmente interessati dal “piano casa” sono questi e la sensazione è che si potrebbero concretizzare maggiormente nelle aree del Nord Italia piuttosto che in quelle del Sud dove sappiamo che spesso le abitazioni, quando vengono costruite, comprendono già gli spazi potenzialmente sfruttabili nel futuro dai proprietari.

La sensazione, dunque, è che, in linea generale, l’impatto sul mercato di questa liberalizzazione potrebbe non essere molto positivo, proprio perché costituirebbe un freno alla domanda che motiva la sua ricerca di un nuovo immobile per motivi di allargamento degli spazi» (CS della Società)


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