Aumentare le imposte di successione ora in vigore in Italia è l’unico intervento concreto che possa contribuire a ridurre il debito pubblico nazionale senza “uccidere” la timida ripresa economica.

di Alberto M. Lunghini,  FRICS, Presidente  di Reddy’s  Group

 

Di che cosa ha bisogno oggi l’Italia, oltre la creazione di nuovi posti di lavoro e la riduzione degli scontri anche ideologici sui “migranti che arrivano dalle coste libiche”?

L’Italia deve ridurre il debito pubblico (da subito e in percentuale significativa in breve tempo) al fine di dare un segnale forte al resto del mondo (e in particolare agli alleati europei) circa la nostra salute finanziaria e circa la nostra capacità di competere a livello globale.

Quale è l’imposta che non uccide l’economia ma porta danari (e molti e ogni anno con assoluta certezza) nelle casse dello Stato?

L’imposta di successione.

Oggi lo Stato italiano incassa per successioni e donazioni solamente 700 milioni di euro ogni anno. L’Italia è il paradiso fiscale per gli eredi.

Poiché il patrimonio delle famiglie italiane (mobiliare e immobiliare) è pari a circa 10.000 miliardi di euro, poiché in Italia vi sono circa 60 milioni di abitanti e 26 milioni di famiglie, il patrimonio medio di ogni famiglia è pari a circa 385.000 euro.

Poiché in Italia ogni anno muoiono circa 600.000 persone, si ha una media di circa un defunto all’anno ogni 44 famiglie: oltre 200 miliardi di euro cadono ogni anno in successione.

Se (riducendo drasticamente le attuali franchigie e riportando le aliquote a valori medi mondiali) si portasse l’aliquota effettiva media (già depurata dalle franchigie) dell’imposta di successione anche solo al 25% (si tenga presente che in alcuni Stati anche europei l’aliquota supera il 40%), si avrebbe un gettito fiscale annuo di oltre 50 miliardi di euro.

Con questi danari si potrebbero dimezzare (da 20 a 10 miliardi l’anno) le imposte “patrimoniali” sugli immobili (ridando così slancio agli investimenti immobiliari) e si ridurrebbe il debito pubblico di 40 miliardi di euro (corrispondenti a circa il 2,5% del PIL ovvero a circa l’indebitamento netto annuo dello Stato italiano).

Ma per prendere una simile decisione occorrerebbe uno statista come Einaudi. E nessun politico attuale ha la statura morale e politica di Einaudi.

Tuttavia gli Italiani non sono stupidi, come troppi politici pensano.

Se si spiega loro quali sono i vantaggi (immediati e sul lungo periodo) dell’incremento della imposta di successione, potrebbe anche verificarsi il caso che venga premiato (e non punito) nelle prossime elezioni il partito/movimento che metterà nel suo programma elettorale anche il tema dell’incremento della imposta di successione.

Così finalmente si potrà a tornare a pensare in grande senza più dover fare i conti con il deficit di bilancio pubblico.

Termineranno così anche i sorrisi ironici dei capi di Stato estero nei confronti dei nostri governanti e l’Italia potrà ricominciare a competere alla pari con il resto d’Europa e del mondo.

Alzati Italia e ricomincia a correre.