Intervista a Laura Francesca Ammaturo

Laura Francesca Ammaturo, Senior Partner dello Studio Architetti Associati Arnaboldi & Partners
Laura Francesca Ammaturo nasce a Milano e si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano.
Nel 1996 diventa Architetto Associato dello Studio Architetti Associati Arnaboldi & Partners ed è oggi è Senior Partner dello stesso.
E’ docente incaricato di Percezione e Comunicazione Visiva alla Facoltà del Design del Politecnico di Milano.
Ha coordinato diverse mostre personali dello Studio, in Italia e all’estero e mostre sulla didattica universitaria.
Tra i suoi libri: Il segno e la realtà, MAA Edizioni, Milano1998; La qualità del D-segno, Libreria Clup, Milano 1999; Dal punto al modello, Hoepli, Milano 2000; L’esperienza del segno, Pitagora Editrice, Bologna 2008
Ha pubblicato su diverse riviste di settore e ha partecipato alla redazione di testi sulle tematiche del progetto d’architettura e di design come: “Il progetto è più veloce dell’idea” di Francesco Brambilla, Alinea 1990, al coordinamento delle immagini e dei testi dei libri: “Progettare Oggi” di Mario Antonio Arnaboldi, l’Arcaedizioni 1992; “Il senso universale dell’architettura” di Mario Antonio Arnaboldi, Liguori Editore 1993; “Il giudizio universale”, di Mario Antonio Arnaboldi, l’Arcaedizioni 1995.
Svolge attività di progettazione, dal preliminare all’esecutivo e direzione lavori.
D. Cara Laura, credo tu possa essere definita architetto-manager, ma un architetto è pur sempre un architetto, anche se è anche manager. Qual’è la tua idea dell’architettura, oggi, qual’è il suo “senso”?
R. Ho ricevuto un’educazione molto tradizionale rispetto alla professione, per cui guardo con molta circospezione la figura dell’architetto-manager. Penso che la professione dell’architetto sia una missione destinata a innalzare la qualità dello spazio dell’uomo.
D. Hai dei “modelli” di architetti, chi Ti ha influenzato di più?
R. Ritengo che storicamente Le Corbusier sia stato in grado di fondare l’architettura contemporanea per metodo e funzioni, poi ci sono alcuni architetti “viventi” che sono dei referenti.
D. Architettura: quale il rapporto, in particolare, con l’ambiente…
R. Per un architetto attento, l’ambiente è il dettato alla forma.
D. Edifici “per collettività” (penso alla Cattedrale di Brasilia, ma anche un albergo a sette stelle): c’è una nuova simbologia?
R. Come è in divenire l’uomo, così l’architettura deve essere in divenire ed evitare di esprimersi per simboli.
D. Cosa c’è, se c’è, di sbagliato, nell’architettura contemporanea?
R. Dipende; c’è una buona parte di architettura sbagliata e una buona parte tesa al divenire.
D. Che tipo di edifici Ti piace più progettare e realizzare?
R. Gli edifici pubblici perché rispondono a bisogni sociali. Ad esempio, uno stadio o meglio un nuovo impianto sportivo.
D. Quali materiali prediligi, e per che cosa?
R. Il materiale è la stoffa che evidenzia la forma, le scelte vanno fatte in relazione alle funzioni e al luogo dove sorgerà l’intervento.
D. Cosa Ti piacerebbe progettare, tra le tipologie che non hai ancora fatto? Il famoso architetto Mario Botta, ad esempio, mi ha dichiarato qualche anno fa che vorrebbe poter realizzare un Convento…
R. Una chiesa.
D. Hai mai realizzato, da designer, oggetti di uso quotidiano?
R. Sì, un cestino in vetro per la raccolta differenziata dei rifiuti, con all’interno un apparecchio illuminante, capace di segnare il percorso del pulito. La città di Ravello ne ha accolti 25 a Villa Ruffolo.
D. Bene, se tornerò a Ravello ci farò caso…..Intanto, che “peso” ha per Te la firma di un grande o noto architetto nel valore commerciale di un edificio?
R. Oggi è più importante l’architettura che non l’architetto.
D. In Italia stanno operando moltissimi architetti stranieri, da Foster a Liebeskind, da Tange Jr a Zaha Hadid. Stanno facendo di tutto: masterplan, nuovi city quarter, alberghi… Che spazio dovrebbero, allora, conquistare gli architetti italiani?
R. L’architettura è un atto universale, importante non sono le “archistar”, ma sono le intelligenze architettoniche.
D. L’architetto sembra aver assunto, da noi, il ruolo di opinion maker, e non solo di opinion leader. Si organizzano dibatti, conferenze dedicate non solo ai temi dell’architettura, ma anche ad altro, e l’architetto è sempre più presente, sempre più invitato, sempre più intervistato. Che ne pensi di questo atteggiamento, che molti definiscono eccesso di “protagonismo” , per uno che fa il Tuo mestiere?
R. Se manca la qualità è davvero solo eccesso di protagonismo.
D. Grattacieli o non grattacieli: qual’è il Tuo parere?
R. Città in verticale.