La relazione di Silvia Rovere, Presidente di Confindustria Assoimmobiliare , alla odierna Assemblea Pubblica dell’ associazione

Come ogni anno, la nostra Assemblea rappresenta un importante momento di confronto tra gli operatori e gli investitori del settore immobiliare e le Istituzioni italiane.

È davvero un grande piacere ritrovarsi oggi di persona, a due anni di distanza dall’ultima Assemblea svolta in presenza, in un luogo così ricco di storia e di bellezza, nella Capitale del nostro Paese.

Introduzione

I terribili effetti del Covid hanno lasciato un segno su tutti noi e non possiamo dimenticare le sofferenze che questo ha comportato, soprattutto per coloro che hanno perso persone care in questi ultimi due anni.

Gli Italiani, in questo momento di grande difficoltà, hanno però dimostrato un grandissimo senso di responsabilità: siamo oggi il terzo Paese europeo, dopo Portogallo e Spagna, per numero di vaccinati.

È certamente forte la volontà di tornare a una vita “normale”, ma non dobbiamo abbassare la guardia, proprio adesso che siamo all’inizio della stagione invernale.

Dal punto di vista economico, l’Europa si trova di fronte a una robusta ripresa.

Il prodotto interno lordo dell’Unione europea è previsto crescere, al termine dell’anno in corso, di più del 5%. La domanda interna rimane la determinante principale della ripresa, grazie anche ad un recupero del reddito disponibile e al calo dell’incertezza resa possibile dall’introduzione dei vaccini la cui distribuzione ha impegnato negli ultimi mesi istituzioni, imprese e  cittadini.

Prima parte – Italia

Anche per Italia, i segnali sono molto incoraggianti.

Quest’anno il tasso di crescita è previsto registrare il 6,1%, superando le previsioni stimate ad inizio anno, e cresce la possibilità che si recuperi tutto il Prodotto Interno Lordo perduto nel 2020 già nel primo semestre del 2022.

Le ragioni di questa ripresa sono sicuramente figlie della credibilità del Governo del Presidente Draghi – che voglio ringraziare a nome di tutti – il quale ha avuto il merito di accompagnare il Paese in un momento di grande difficoltà e, attraverso una visione finalmente orientata al futuro, condurlo verso una ripresa degli investimenti, della produzione e dei consumi.

Non solo, valutiamo positivamente la lungimiranza delle Istituzioni europee che, in un momento di grande difficoltà dal punto di vista sanitario e quindi economico e sociale, hanno saputo, con coraggio, gettare le basi per il più importante piano di investimenti comunitari mai visto, i 750 miliardi del Next Generation EU.

Situazione del mercato

Questo clima di rinnovata fiducia economica si riflette anche sul nostro settore, il settore immobiliare.

In ogni ciclo economico, il real estate rappresenta il termometro con cui si misura la situazione economica del Paese, perché l’immobiliare e la sua filiera rappresentano, lo voglio ricordare, fino al 20% del PIL.

I tassi di fiducia dei consumatori e delle imprese hanno raggiunto nuovamente i livelli record del 2019.

Le compravendite immobiliari sono previste toccare, al termine di questo anno, quota 650.000, numeri che non venivano raggiunti dal picco del 2008.

Anche l’erogazione di nuovi mutui ha ripreso a crescere, tornando a livelli di 15 anni fa (51,4 miliardi), e questo dato è correlato all’andamento molto positivo che si registra sul lato della domanda per il segmento residenziale, nonostante continuino a resistere forti differenze di performance sul territorio nazionale.

Le asset class

Per quanto riguarda le principali asset class, la crisi ha avuto su di loro impatti diversi.

Il comparto residenziale conferma oggi la sua solidità e attrattività, con una crescita della domanda particolarmente focalizzata su nuove tipologie di prodotto, penso ad esempio al multifamily e le diverse forme di affitto a gestione unitaria con servizi condivisi. Sono sempre più richieste unità di recente edificazione, con soluzioni che privilegiano anche i servizi legati alle nuove necessità connesse al lavoro da remoto, che rimane ancora utilizzato in questo periodo.

L’offerta attuale, tuttavia, è presente quasi esclusivamente nelle grandi città, ed è inadeguata a coprire le esigenze abitative complessive.

Il settore direzionale ancora sconta un clima di incertezza ed è oggetto di operazioni più mirate e selettive, anche alla luce delle nuove esigenze di riorganizzazione del lavoro.

Molte grandi aziende stanno ripensando la politica di utilizzo degli spazi, prediligendo soluzioni ibride.

Il settore retail sta sperimentando un rimbalzo nei consumi.  E’ probabile un consolidamento della domanda e un graduale ritorno di interesse da parte degli investitori, previsto in misura più solida nel medio-lungo termine.

La logistica sta attraverso un momento di grande euforia e quest’anno per la prima volta nella storia si attendono volumi di investimento superiori a quelli degli uffici.

Per finire, il settore alberghiero e dell’ospitalità in generale.

Insieme al retail è il segmento di mercato che maggiormente ha sofferto gli effetti delle chiusure dell’ultimo anno e mezzo.

Si tratta tuttavia di un settore strategico per l’Italia, come il Governo Draghi ha riconosciuto, istituendo un Ministero dedicato, ma è necessario promuovere importanti investimenti per renderlo pienamente competitivo a livello globale. La pandemia ha fatto emergere, infatti, le debolezze di un sistema ancora troppo frammentato nella proprietà e nella gestione. E’ necessario attuare politiche di consolidamento e di attrazione delle importanti catene alberghiere internazionali e al tempo stesso favorire l’innovazione nell’offerta e nei business model, penso alle nuove forme di turismo sostenibile, ma anche ai nuovi concept delle medical spa, favorite dalla ricchezza delle acque termali sul nostro territorio, e ai serviced apartment, in particolare nel settore high-end e luxury.

Il mercato, dunque, sta vivendo delle trasformazioni che la pandemia ha sicuramente accelerato, ma di cui vedevamo i segnali nelle tendenze registrate negli ultimi anni.

L’attenzione ai temi della sostenibilità, l’importanza dei consumi energetici e della riduzione delle emissioni e l’esigenza di prossimità dei servizi, sono preferenze che escono rafforzate.

In linea con gli obiettivi di sostenibilità del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, abbiamo voluto dedicare questa nostra Assemblea annuale ai temi della trasformazione e dall’innovazione del settore sostenuta dal piano.

Abbiamo scelto il titolo “Next Generation Real Estate”, per affermare la nostra disponibilità e il nostro, come operatori del mercato e investitori, a partecipare attivamente a questo cambiamento.

Seconda Parte – PNRR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta sicuramente una delle più grandi opportunità per l’economia italiana degli ultimi anni.

L’importanza non è solo in riferimento alla quantità di risorse di cui il nostro Paese potrà disporre attraverso il Next Generation EUfino a 209 miliardi per l’Italia – il 28% dell’intero budget – ma soprattutto perché è il Piano è legato ad una visione di medio e lungo periodo del modello di Paese che vogliamo nel prossimo futuro.

Gli obiettivi delineati dal PNRR, che accompagneranno il Paese lungo una fase di rinnovamento, riguarderanno la digitalizzazione, la transizione ecologica, la mobilità sostenibile, l’istruzione, la salute e l’inclusione sociale.

Sono temi che toccano settori chiave per lo sviluppo.

I processi di transizione ecologica, su cui si concentrano buona parte delle risorse del Piano, vedono il nostro settore come il protagonista principale.

Questo perché gli impatti ambientali generati dagli immobili nel loro intero ciclo di vita sono davvero rilevanti: basti pensare che a livello globale il 30% delle materie prime vengono impiegate per la costruzione, mentre il 40% dei rifiuti solidi deriva dai processi di smaltimento. Il settore immobiliare genera il 36% delle emissioni di CO2 dell’Unione Europea e in Italia, come in Europa, queste emissioni derivano per il 70% da edifici residenziali e per il 30% da edifici commerciali e pubblici.

Appare evidente quindi, come i 57 miliardi di euro che il PNRR mette a disposizione per la rigenerazione urbana siano insufficienti, da soli, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni.

Voglio sottolineare questo concetto: il contributo degli operatori privati e del loro know-how sarà determinante per far sì che i progetti possano trovare attuazione nei tempi previsti e perché l’investimento pubblico possa divenire virtuoso moltiplicatore degli investimenti privati.

Assoimmobiliare chiede che la partnership pubblico-privata diventi la modalità primaria e principale con cui sviluppare gli investimenti pubblici nel nostro Paese, affinché le ingenti risorse a disposizione siano impiegate in modo efficace: il dialogo come metodo è anche uno dei capisaldi del Progetto per Roma che abbiamo consegnato al Sindaco Gualtieri e oggi all’Assessore Zevi.

Riforma normativa urbanistica

Siamo comunque consapevoli come questo spirito di collaborazione non basti evocarlo ma occorra praticarlo con impegno e costanza.

Come Associazione, abbiamo da sempre sottolineato la volontà di essere propositivi lasciando ad altri cavalcare la polemica politica, ed è per questo che anche in questa occasione presentiamo le nostre proposte, a cominciare da un piano esteso di semplificazioni, di cui il nostro settore ha un vitale bisogno.

Se infatti la burocrazia farraginosa e spesso contradditoria è da tutti indicata come uno degli ostacoli principali alla crescita del nostro Paese, questo è vero particolarmente vero per la nostra industria, che ha un rapporto endemico con la pubblica amministrazione: ogni nostro progetto richiede un processo autorizzativo che comporta il vaglio di una pluralità di uffici pubblici e dunque i nostri investimenti scontano gravemente i ritardi e le inefficienze.

Venendo dunque alla riforma della normativa urbanistica, abbiamo davvero apprezzato il coraggioso impegno del Ministro Giovannini, che ringrazio davvero per la Sua presenza oggi, a mettere mano alla legge urbanistica nazionale del 1942, che dunque era stata varata come “Regio Decreto”: credo sia evidente a tutti che i principi e i criteri fissati allora non possano più essere compatibili con gli attuali obiettivi di sviluppo urbano sostenibile delle nostre città

Oggi le operazioni di sviluppo immobiliare si realizzano in tempi talmente lunghi, a causa degli iter di approvazione, che il prodotto nuovo nasce spesso già obsoleto rispetto all’evoluzione dei bisogni degli utilizzatori finali.

Lo ribadiamo con forza: la Riforma del testo dovrà necessariamente rispondere alle esigenze di flessibilità e tempestività di azione richiesto dal mercato.

Un esempio pratico: nella città di Milano, l’introduzione del principio di indifferenza funzionale rispetto alle destinazioni d’uso – con le dovute eccezioni – ha portato ottimi risultati nei processi di rigenerazione degli edifici.

Su questa riforma fondamentale abbiamo offerto al Ministro Giovannini la nostra piena collaborazione nel nostro recente incontro ed oggi ci fa piacere ribadirlo anche ai rappresentanti del Parlamento presenti.

Testo di Legge sulla rigenerazione urbana

Voglio ricordare inoltre, l’attenzione che il nostro settore pone su un altro importante testo di legge, quello della rigenerazione urbana, attualmente all’esame della Commissione del Senato.

Dal nostro punto di vista, sono sicuramente apprezzabili le istanze di semplificazione presenti nel testo, penso ad esempio al migliore coordinamento con le legislazioni comunali e regionali, e all’acquisizione della conformità urbanistica e edilizia degli immobili da rigenerare, così da superare il paradosso degli edifici abusivi per quanto non conformi a regole precedenti quelle odierne.

Risultano però ancora alcuni punti critici, come il persistente ostacolo agli interventi di rigenerazione nei centri storici e sui beni vincolati, che impediscono la valorizzazione di un capitale fondamentale per il Paese.

Non solo: si continua a concepire la riqualificazione urbana come una questione specifica piuttosto che come l’obiettivo naturale di tutta la nuova urbanistica, da gestire con gli strumenti ordinari.

In questo senso la rigenerazione di singoli edifici va ampliata anche a insiemi urbani omogenei: la rigenerazione urbana deve premiare una rigenerazione sociale, culturale ed economica prima ancora che urbanistico-edilizia ed ambientale, e occorre dimostrare di avere preso in considerazione tutti questi profili per non ridursi a mera sostituzione edilizia.

Assoimmobiliare dà la sua piena disponibilità a supportare le Istituzioni nell’individuare e risolvere le criticità registrate dagli operatori perchè non possiamo più permetterci di procrastinare l’adeguamento di un impianto regolatorio che deve essere aggiornato con urgenza.

Se davvero vogliamo restituire alle nostre città, a partire dalla Capitale, la capacità di competere con le altre capitali Europee nell’attrattività degli investimenti, dobbiamo dotarci di sistema di regole semplice, stabile, in linea con quello delle giurisdizioni più evolute.

Riqualificazione edifici pubblici

La necessità di intervento sugli edifici, inoltre, non può prescindere da un segmento centrale per la qualità dei servizi ai cittadini: la riqualificazione gli edifici pubblici.

L’Unione Europea ha lanciato, con il suo programma Renovation wave un obiettivo davvero sfidante: rinnovare 35 milioni di edifici europei inefficienti dal punto di vista energetico entro il 2030, al fine di migliorare la qualità di vita e il benessere dei residenti, combattere la povertà energetica, ridurre le emissioni di gas serra, promuovere la digitalizzazione, il riuso e il riciclo dei materiali.

Tre sono le linee guida di questa strategia che è parte integrante del Green Deal europeo: i) la decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento; ii) la lotta alla povertà e alle inefficienze energetiche; iii) la ristrutturazione dell’edilizia pubblica.

Quindi anche la Commissione Europea riconosce tra le priorità del Piano la necessità di riqualificare gli immobili pubblici – scuole, ospedali, uffici amministrativi, tribunali, carceri, etc – e propone di introdurre gradualmente degli standard minimi obbligatori di prestazione energetica per questi edifici. Un approccio che va nella direzione opposta a quello che ha caratterizzato in anni recenti le politiche di gestione degli immobili pubblici: si pensi alle ripetute spending review applicate anche sui canoni di locazione, che hanno disincentivato qualunque tipo di investimento da parte dei proprietari. Auspichiamo che anche sotto questo profilo, ci possa essere un cambio di prospettiva.

Dobbiamo essere chiari, infatti, nel dire che la riqualificazione è il necessario presupposto per poter finalmente attuare gli obiettivi di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

Chiediamo che lo Stato agisca come asset manager del proprio enorme patrimonio immobiliare, che non si limiti a interventi di manutenzione sporadici, non programmati e quindi insufficienti a perseguire gli obiettivi ambiziosi che la UE si è data.

Occorre guardare a ciò che le imprese e le istituzioni private hanno realizzato in questi decenni: nuovi headquarters in immobili certificati, che garantiscono le più  alte prestazioni ambientali e la migliore qualità del lavoro, grazie a layout efficienti, infrastrutture digitali all’avanguardia e un mix di servizi che favorisce la conciliazione tra lavoro e vita familiare.

Allo stesso modo lo Stato e le Amministrazioni locali dovrebbero finalmente realizzare analoghi federal building in cui concentrare Ministeri e funzioni omogenee (ad es. cittadelle della giustizia o della salute, campus universitari), lasciando le sedi spesso frammentate e inefficienti, che potrebbero essere poi dismesse, con un contributo positivo per il bilancio dello Stato: questi progetti rappresenterebbero anche delle ancore fondamentali per far decollare i progetti di rigenerazone urbana, soprattutto nelle città meno attrattive dove il mercato degli investimenti privati da solo non riesce a svilupparsi.   

Ma il tema non riguarda evidentemente solo gli immobili pubblici.

In Italia, come ricordato anche dal Presidente Bonomi, oltre il 70% del patrimonio immobiliare ha più di cinquant’anni: parte significativa è stata edificata dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta del Novecento, utilizzando tecniche costruttive ormai obsolete e con una dotazione impiantistica del tutto inadatta alle nuove esigenze. 

È oggi imprescindibile l’esigenza di produrre edifici autenticamente moderni, sostenibili sotto il profilo dei consumi e dotati o predisposti all’implementazione dei i più moderni servizi digitali.

Inoltre, come abbiamo potuto vedere dal sondaggio di SWG presentato oggi, ben il 52% degli italiani vede come priorità investire in questo settore.

ESG

I temi della sostenibilità si inseriscono pienamente in questo contesto, si pensi infatti alla crescente importanza dei criteri ESG negli ultimi anni.

Gli obiettivi ESG sono divenuti ormai una necessità nelle scelte di investimento e di composizione dei portafogli della finanza di tutto il mondo occidentale.

Basti guardare alla crescita delle obbligazioni che finanziano solo progetti ESG, che hanno raggiunto i 500 miliardi di dollari, mentre gli asset e le imprese energivore faticano a trovare capitali che li finanzino.

La spinta verso prodotti che sottolineino il rispetto verso l’ambiente, la correttezza nei processi di Governance e pongano l’accento sull’impatto sociale, sono il buon segno di una finanza che dovrà guardare non solo ai necessari criteri di profittabilità, ma che si faccia responsabile degli impatti a lungo termine sulla nostra società.

Pensate a quanto questi concetti siano importanti per il settore immobiliare: l’impatto della nostra industry ha una natura per definizione di lungo periodo, e, conseguentemente, sul contesto urbano e sociale.

L’attenzione d’altronde è molto alta anche da parte dei tenant, che, come abbiamo visto dal nostro sondaggio, domandano sempre più spazi con performance di sostenibilità ambientale e legata al benessere delle persone, fino ad esprimersi con chiarezza anche sulla disponibilità a pagare dei premium sul prezzo per queste caratteristiche: il 40% è disposto a sopportare fino al 20% in più.

Non solo: gli investimenti degli operatori in questo segmento comportano grandi benefici anche sul lato pubblico.

All’interno del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) del 2020, lo ricordo, sono stati stimati benefici per il sistema Paese in termini di ritorno sul PIL pari a ca. 7 miliardi, provenienti esclusivamente da investimenti in efficientamento energetico – un moltiplicatore più alto del già importante ritorno previsto dagli investimenti nel settore edilizio.

Un ulteriore esempio ci viene dal successo che sta ottenendo la certificazione LEED, sviluppato dal Green Building Council.

I criteri alla base delle certificazioni LEED valutano l’impatto ambientale, economico, sociale e sulla salute, dei building.

Il mercato sta premiando fortemente gli immobili che soddisfano positivamente questi criteri: il valore dell’asset immobiliare registra un incremento tra il 7 e l’11% in funzione della qualità della certificazione ottenuta.

L’allineamento dell’Italia alle tendenze internazionali di ammodernamento energetico e di approccio ad un’economia circolare per il mercato del real estate deve essere inteso quindi come leva di crescita economica e come presidio di stabilità verso un patrimonio – il 60% del patrimonio degli italiani è investito in immobili – che ad oggi non presenta quei caratteri utili a proteggerne il valore nel tempo e che dunque rischia di esporre i risparmi dei cittadini a situazioni di instabilità.

Real Estate Net Zero

Anche su questo fondamentale capitolo la nostra associazione ha presentato, attraverso il suo “Comitato per l’economia circolare e la transizione ecologica” – un policy paper strutturato, il “Real Estate Net Zero”, che contiene proposte concrete per la decarbonizzazione del patrimonio immobiliare italiano e di tutta filiera edilizia.

Queste proposte del piano nascono dall’esigenza del settore di dotarsi di una politica industriale unitaria sui temi degli investimenti immobiliari sostenibili.

Real Estate Net Zero è stato scritto esprimendo un principio di fondo: le politiche pubbliche costruiscono le condizioni di competitività entro cui le aziende investono per innovarsi e come operatori riteniamo fondamentale attuare dei correttivi alle modalità con cui fino ad ora ci si è approcciati in questi processi.

Un riferimento particolare voglio farlo alla questione dei bonus edilizi dedicati al rinnovamento degli edifici.

Come Associazione condividiamo pienamente la volontà del Governo di costituire un set di incentivi volti ad accompagnare il rinnovamento in senso green del comparto immobiliare, ma sulla loro impostazione, vogliamo suggerire un cambio di passo.

Gli incentivi attuali sono sicuramente una spesa importante per il bilancio dello Stato e si concentrano solo su un segmento, pur importante come quello residenziale, escludendo una parte rilevantissima del patrimonio immobiliare, come gli uffici, i negozi e i centri commerciali per citarne alcuni.

Di più: essendo queste risorse destinate esclusivamente alle famiglie, stiamo rinunciando a competenze e capitali su cui il denaro pubblico potrebbe costituire una leva importante: la continua esclusione di tutti i veicoli di investimento e in particolare degli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, infatti, si traduce necessariamente in un utilizzo non efficiente delle risorse pubbliche stanziate, in quanto limita il potenziale moltiplicativo della maggior parte dei capitali che potrebbero intervenire nel settore.

Un esempio positivo in questo senso ci viene dal settore alberghiero, dove grazie alla sensibilità e alla competenza del Ministro Garavaglia, a cui rinnovo davvero i nostri ringraziamenti, sono stati finalmente inclusi gli hotel all’interno dei beneficiari. Ma anche in questo caso si è inclusa una nuova asset class, ma si sono esclusi gli attori principali della filiera, ovvero gli investitori inìstituzionali.

Voglio essere molto chiara su questo punto: l’approccio di incentivazione sulla transizione ecologica degli edifici deve essere visto con ottica di lungo periodo e precisa nelle sue declinazioni.

Pensiamo a quanto avvenuto con le energie rinnovabili. Abbiamo iniziato a incentivare il settore per rispondere ad un fallimento di mercato – la convenienza dei combustibili fossili, a scapito della salute e dell’inquinamento del pianeta – all’inizio degli anni 2000 e ancora oggi, queste tecnologie, vengono sostenute.

Non solo, gli incentivi del settore energetico sono stati calibrati sulla base delle tipologie dei beneficiari: il pannello solare per le famiglie, gli impianti eolici, le biomasse o le installazioni fotovoltaiche per gli investimenti su grande scala.

Vorremmo che l’approccio nei confronti della transizione ecologica, seguisse questa logica: favorire sia i microinterventi diffusi sul territorio, sia i grandi investimenti indispensabili per raggiungere gli obiettivi del Green Deal.

E ancora di più, se si vuole orientare i comportamenti di acquisto e di sostituzione edilizia in senso sostenibile, occorre introdurre politiche che favoriscano strutturalmente la realizzazione e il possesso di immobili nella migliore classe energetica: siamo infatti l’unico Paese europeo che non incentiva l’acquisto di nuove case in classe energetica A+.

La premialità dovrà concentrarsi su quegli edifici che raggiungono standard definiti e stabilizzati nel tempo fino a quando non saranno raggiunti gli obiettivi di decarbonizzazione.

bonus finora implementati dal Governo andranno quindi trasformati da incentivi episodici, capaci di rivitalizzare il settore e porre l’attenzione sulla trasformazione ecologica, a una strategia chiara e condivisa con il mercato, che indichi, per le diverse tipologie di asset, il percorso per il raggiungimento degli obiettivi.

Terza Parte- Sondaggio SWG – Residenziale in locazione

Gli Italiani e l’abitare sostenibile

Come ho già citato, spunti interessanti ci vengono dal sondaggio che abbiamo commissionato a SWG “Gli Italiani e l’abitare sostenibile”.

Per riassumere, esiste una insoddisfazione degli italiani per quanto riguarda loro caratteristiche strutturali degli immobili dove vivono, in particolare in relazione alla sostenibilità: oltre il 40% degli intervistati reputa la propria abitazione poco o per nulla sostenibile dal punto di vista ambientale e tre intervistati su quattro sarebbero interessati a migliorare la sostenibilità ambientale della propria abitazione o a cercare una abitazione più sostenibile.

Più in dettaglio, l’idea di uno sconto fiscale per chi migliora la classe energetica dell’abitazione o di una riduzione delle tasse per i proprietari di case in classe A o B è vista come un forte ed efficace strumento di incentivo che rafforza ulteriormente la loro predisposizione all’investimento.

La nuova asset class del residenziale in locazione

Un altro punto fondamentale che viene espresso dal sondaggio: il 20% degli italiani vede la soluzione dell’affitto come stabile, non vincolata alle proprie disponibilità economiche.

È inutile sottolineare come la classe di intervistati che risponde a questo approccio è la parte più giovane del Paese.

Una nuova cultura, focalizzata meno sul possesso e più dall’idea che l’immobile costituisca un servizio è una caratteristica comune delle nuove generazioni, dai millenials alla generazione Z.

Questo nuova mentalità pone l’accento su un bisogno abitativo che è legato alle esigenze di mobilità delle nuove generazioni per moti di studio e di lavoro, oltre che dalle condizioni, spesso precarie, della loro situazione.

Per rispondere a questa forte domanda oggi del tutto insoddisfatta, dunque, è necessario aumentare l’offerta di immobili in locazione, dotati di servizi nuovi e a costo contenuto.

La povertà abitativa, tradotta nella mancanza di opportunità nel trovare un alloggio o nella qualità insufficiente dell’abitazione, è un problema che riguarda oggi quasi due milioni di nuclei famigliari italiani.

Sono stati introdotti negli ultimi anni degli strumenti utili, come i fondi gestiti dalla Cassa Depositi e Prestiti, per rafforzare il segmento dell’housing sociale, grazie a i quali si è dimostrato che anche gli investitori privati possono dare il loro contributo.

Sappiamo bene però che il problema non si risolverà con queste iniziative, la cui implementazione richiede tempi lunghi ed è comunque limitata nelle risorse.

Né si risolverà attraverso ulteriori interventi sul lato della domanda, già elevata, dalle agevolazioni per le giovani coppie ai bonus affitti: se non interverremo in maniera strutturale sul lato dell’offerta i propositi di soluzione al problema resteranno lettera morta.

Abbiamo il bisogno fondamentale, in Italia, di vedere sviluppata, come negli altri Paesi europei un’asset class residenziale dedicata alla locazione.

Nei mercati dei principali Paesi europei, questa componente rappresenta una parte fondamentale dell’economia residenziale: in Germania, dei 21 milioni di edifici offerti in locazione ben 9 milioni (pari al 42%) appartengono a investitori professionaliIn Olanda su 7.3 milioni di edifici, la percentuale del segmento residenziale in locazione dedicato è di 2.3 milioni di unità, il 32%. Anche in Francia le percentuali arrivano a superare il terzo delle unità disponibili.

In Italia, l’esistenza di questo segmento è riscontrata in piccola parte esclusivamente nelle grandi città, lasciando il resto del mercato alle piccole proprietà private, con conseguente carenza di investimenti, riduzione dell’offerta disponibile, bassa qualità e canoni poco accessibili.

Non solo: ricordo come gli italiani siano detentori di una quota importante di risparmio privatofino a 220 miliardi, che non vediamo investiti nel nostro Paese, né direttamente, né indirettamente – attraverso i gestori del risparmio – per mancanza di opportunità.

Ma è proprio un settore come il residenziale in locazione ad avere le caratteristiche di redditività e resilienza che lo rende soluzione di investimento privilegiata per fondi pensione, assicurazioni e gestori di capitali “pazienti”.

Il motivo di questa assenza sul mercato italiano è riconducibile ad una normativa fiscale disallineata rispetto ai nostri competitors internazionali.

L’impossibilità di detrazione dell’IVA da parte dell’investitore e l’onerosità dell’imposta di registro sono un significativo costo “accessorio”, che impatta fortemente sulla sua economicità risultando, evidentemente, nell’impossibilità di conseguire l’investimento.

Un’operazione di allineamento dunque, rispetto alla normativa estera, sarebbe in grado di riportare in Italia un grande volume di capitali a ricaduta distribuita sul territorio, restituendo finalmente valore ad un capitale immobiliare – detenuto in zone di provincia o piccole e media città – che ha visto deprezzarsi al 30% dalla crisi del 2008.

Il risultato di uno sblocco di questo segmento sarebbe quindi, lo dico convinta di non esagerare, rivoluzionario:  il Pese vedrebbe al contempo un un’offerta di immobili in locazione in grado di soddisfare la domanda, il risparmio degli italiani indirizzato in modo efficace verso l’economia reale e l’avvio di un forte ciclo di investimenti con conseguente impatto positivo sulla crescita del PIL e sul gettito.

È un tema di fondamentale importanza sistemica che le Istituzioni del nostro Paese non possono più ignorare ed è la principale richiesta che Assoimmobiliare presenta oggi al Governo e al Parlamento.

Quarta Parte – Altre Richieste                                

Abbiamo fin qui sottolineato più volte la necessità di trasformazione di cui il parco immobiliare italiano dovrà affrontare nei prossimi anni.

L’operatività dei professionisti del settore trova oggi nel mercato italiano un impianto normativo che, come abbiamo ricordato, necessita di un rinnovamento, per riportare l’Italia ad un livello di competitività pari o superiore ai nostri competitor europei ed internazionali.

Ci sono alcuni ambiti specifici su cui si deve lavorare e che voglio ricordare.

REITS – SIIQ

In Europa e negli Stati Uniti, lo strumento dei REITs (Real Estate Trust Funds) è il veicolo privilegiato per l’investimento nel settore immobiliare.

In Italia, come sappiamo, abbiamo voluto introdurre questo strumento con la normativa sulle SIIQ del 2007 che, seppur migliorata nel 2014, presenta ancora delle criticità che limitano il suo uso sul nostro mercato.

Essendo lo strumento per eccellenza per gli investitori Real Estate, anche in sede di quotazione, questo problema si riflette sulla Borsa italiana: gli investimenti immobiliari quotati rappresentano in Italia, solo lo 0,05% del PIL nazionale; in altri Paesi dell’Europa continentale, con normative sui REITS più efficienti e semplici, in media il 2% del PIL nazionale (Francia 3,4%, Spagna 2%).

Negli Stati Uniti, addirittura la capitalizzazione dei REITs in borsa è di 1000 miliardi di dollari (5% del PIL).

La mancanza di un allineamento rispetto agli altri Paesi europei costituisce un costo non solo diretto, attraverso la mancanza di investimenti nel settore, ma anche indiretto: infatti, inibisce investitori stranieri ad entrare nel nostro Paese, non trovando una ambiente normativo comparabile a livello comunitario.

Abbiamo presentato proposte concrete, raccolte consultando investitori professionali italiani ed esteri, con l’obiettivo di risolvere il problema della normativa delle SIIQ, che, lo ricordo, è sia fiscale che normativo.

Anche per i fondi immobiliari, che rappresentano oggi il veicolo d’investimento privilegiato dagli investitori internazionali e domestici abbiamo avanzato delle proposte, che riguardano ad esempio la qualificazione dei soggetti investitori rispetto al requisito della pluralità, che favorirebbero un utilizzo dello strumento ancora più ampio, con effetti positivi anche sulla trasparenza del mercato.

Quinta parte – Roma

In conclusione, voglio parlare della città che ha ospitato quest’oggi.

Ringraziando molto il Sindaco Gualtieri per la Sua partecipazione e il Suo intervento, desidero ribadire la fiducia e la speranza che gli operatori nutrono sulla città di Roma.

Per la nostra Capitale è possibile aprire una prospettiva diversa rispetto alla percezione dominata da luoghi comuni che si sono stratificati nell’ultimo decennio.

Se infatti è vero che negli ultimi Roma ha sofferto di una mancanza di visione e pianificazione in grado di farla evolvere, è altrettanto vero che la città ha continuato a mostrare dei forti fondamentali e una sua capacità di recepire i principali cambiamenti in atto.

Roma rimane ai primi posti al mondo per notorietà e attrattività, è tra i comuni più verdi d’Europa, con un consumo di suolo molto limitato, vanta un sistema universitario di grande tradizione e prestigio: queste sono solo alcune delle caratteristiche che candidano Roma fra le prime città europee da cui sono attese nei prossimi anni le migliori performance immobiliari.

La città ha di fronte a sé molte sfide che la vedranno protagonista: il Giubileo del 2025 e la candidatura all’Expo del 2030 possono rappresentare il forte incentivo per trasformare la città e renderla protagonista del prossimo decennio.

Certo, le sfide per l’amministrazione restano impegnative, a partire dagli investimenti sulla mobilità e la possibilità di avviare nuovi e coraggiosi progetti di rigenerazione urbana, anche per affrontare i nodi irrisolti delle periferie, ma i fattori di competitività ci sono e sono importanti, e credo sia utile darne conto senza pregiudizi e distorsioni.

Voglio quindi sottolineare una partenza positiva della nuova amministrazione: la scelta di indicare all’assessorato al Patrimonio e alle Politiche Abitative a Tobia Zevi, con il quale abbiamo avuto il piacere di collaborare in passato e ringrazio ancora per la Sua presenza oggi, indica la volontà di individuare personalità giovani, competenti e dotate propriamente di quella visione di cui Roma ha necessariamente bisogno.

Assoimmobiliare ha comunque dato la sua disponibilità al Sindaco Gualtieri, con cui ci siamo confrontati prima della sua elezione insieme ad altre importanti organizzazioni di categoria, a supportare la sua amministrazione attraverso l’individuazione di misure urgenti che servono per segnare un cambio di passo alla città – quali i nuovi approcci da tenere per i progetti di rigenerazione urbana, l’indicazione delle priorità di sviluppo sostenibile del territorio e la definizione delle aree da riqualificare e favorendo il riutilizzo del patrimonio dismesso.

Per raggiungere questi e altri obiettivi, abbiamo proposto all’amministrazione l’istituzione di Tavolo di lavoro permanente, il Tavolo Progetto per Roma, che possa servire all’Amministrazione come punto di riferimento per valutare e recepire le richieste degli operatori, e che possa servire da stimolo per tenere sotto la lente i problemi che la città dovrà risolvere se vorrà tornare ad essere competitiva nei prossimi anni.

Sicuri che questa sia la partenza giusta per una città che deve finalmente riprendere il posto che merita sulla scena nazionale ed internazionale, auguriamo il migliore lavoro al Sindaco Gualtieri e alla sua giunta.

Fonte : Confindustria Assoimmobiliare