La sofferenza dell’economia americana

di Andrew Spannaus ,  Transatlantico  

La Casa Bianca continua a spingere per la riapertura dell’economia americana, in risposta al crollo verticale degli indicatori nelle ultime settimane, con la preoccupazione che le difficoltà perdurino per molto tempo. Il tasso di disoccupazione ufficiale è del 14,7% al momento, ma il Bureau of Labor Statistics ha stilato un rapporto che stima un tasso effettivo del 22,8% considerando anche le categorie dei “sottoimpiegati” e di chi non cerca attivamente un posto di lavoro. Anche il Segretario al Tesoro Steve Mnuchin ha ammesso che il tasso reale potrebbe essere intorno al 25%.

La crisi accentua le disuguaglianze, in quanto sono i lavoratori della classe media alta che spesso possono lavorare da casa e quindi continuare a guadagnare. Gli impiegati nei settori retail, ristorazione e alberghiero sono invece tra quelli meno pagati; qui si vedono delle disparità anche razziali: i neri e gli ispanici hanno perso il lavoro ad un tasso doppio rispetto ai bianchi.

Gli effetti socioeconomici che stanno emergendo negli Stati Uniti sono notevoli: è raddoppiata l’insicurezza alimentare delle famiglie, e quadruplicata tra i bambini. Si vedono lunghissime file di auto all’ingresso dei banchi alimentari in molte parti del paese. Secondo uno studio della Federal Reserve, nelle famiglie con reddito basso, cioè che guadagnano meno di 40 mila dollari all’anno, quasi il 40 per cento di coloro che avevano un posto di lavoro a febbraio lo hanno perso entro l’inizio di aprile.

In questo contesto i democratici spingono per un altro grande pacchetto di stimolo, questa volta di 3 mila miliardi di dollari in una botta sola. Molti repubblicani tradizionali, invece, hanno deciso che è ora di fermare la fiera della spesa pubblica, e far ripartire l’economia in modo “naturale”. Il problema è che nel sistema federale c’è un forte bisogno di assistenza dall’alto in questo momento: gli enti locali, per esempio, hanno già tagliato 800 mila posti di lavoro dall’inizio della crisi, di cui buona parte nel settore dell’istruzione. Quando uno choc economico significa il licenziamento di insegnanti, è evidente la necessità di un intervento del governo nazionale.

Tra gli economisti conservatori contrari all’aumento del debito pubblico, c’è chi, come Andrew Biggs dell’American Enterprise Institute e Joshua Rauh del Hoover Institution, propone di offrire ai cittadini soldi nell’immediato in cambio di una riduzione della pensione più avanti, per garantire le coperture. Sembra che alcuni funzionari della Casa Bianca prendano sul serio questa idea, ma il presidente Trump l’avrebbe definita “ridicola”, escludendo la possibilità di poterla sostenere.

Un collega di Biggs alla AEI, Michael Strain, riconosce che i repubblicani al Senato sono stanchi dei salvataggi, ma ha dichiarato al New York Times che l’economia avrà bisogno di sostegno per molto tempo: “Non riesco ad immaginare uno scenario in cui non approvano qualcosa in più”.

Il Congresso Usa e la Fed hanno già dimostrato di disporre di tutti gli strumenti necessari per salvare l’economia; i prossimi passi saranno decisivi.

(per  gentile  concessione)