Le nuove città stato tra potere, crescita e disuguaglianze in un ASPENIA TALK a Milano

«Il potere degli Stati è in declino, cresce invece il potere delle Città-Stato. Ma  su questa convinzione inviterei alla prudenza. La città deve confrontarsi con le periferie e le campagne, come i casi del Regno Unito (Brexit) e della Francia (gilets jaunes) insegnano, Perciò non è sicuro che il futuro sia delle megalopoli».
Così Giulio Tremonti, presidente di Aspen Institute Italia,  ha concluso l’  ASPENIA TALK dal titolo “Le nuove città stato tra potere, crescita e disuguaglianze” svoltosi nell’auditorium Deutsche Bank di Milano. Dopo l’intervento introduttivo di Flavio Valeri, Chief Country Officer Deutsche Bank,
hanno preso la parola Gioia Ghezzi, Vice Presidente, Mobilità Sostenibile e Smart Cities, Assolombarda; Patrizia Grieco, Presidente, Enel; Gianfelice Rocca, Presidente, Techint Group
; Filippo Del Corno, Assessore alla cultura, Comune di Milano; Saskia Sassen, Robert S. Lynd Professor of Sociology, Columbia University, New York
.
Le città stato risalgono agli albori della civiltà: sumera, greca, fino al Rinascimento italiano, ragione per cui il nostro Paese si è sempre distinto per la debolezza del potere centrale.

Offuscate dalla nascita delle Nazioni, oggi le città vivono una rinascita. In esse vive la metà delle popolazione mondiale che, secondo le previsioni, diventerà il 75% alla metà del secolo (si ipotizzano megalopoli di decine di milioni di abitanti). Ma oggi almeno la concentrazione di popolazione non è un problema di per sé. Si calcola che mettendo assieme tutte le città con più di 50.000 abitanti, esse coprirebbero soltanto il 3% della terra.

Nella città si concentrano la conoscenza, la produzione, la finanza, il benessere, che offrono le migliori occasioni. Ma nella città si riscontrano pure povertà, disuguaglianze, la progressiva disgregazione del ceto medio, inquinamento, scarsa qualità di vita insomma: chi non aborre le fiumane di automezzi e di gente, il vedere il cielo a strisce tra muraglie di grattacieli ?
Eppure la città non è, come era un tempo, cinta da mura, chiusa in se stessa;  non sottrae ricchezza alle campagne, ma vi proietta le proprie migliori doti. E’ la locomotiva di una regione (a patto che non corra troppo veloce rischiando di perdere i vagoni). In Italia è il caso di Milano, cui, per inciso, dovrebbe essere concessa una maggiore autonomia in quanto è anch’essa una capitale. Ma abbisogna di un piano strategico che, al pari di Barcellona, coniughi le migliori energie del pubblico e del privato.
Cosa fare per rendere la città “intelligente” (smart per gli anglofili)? Gestire in modo innovativo le sue risorse economiche e ambientali, le politiche abitative e i trasporti, le relazioni tra le persone e i metodi di amministrazione. Una delle linea guida, adottata fin dal 2013 dalla pubblica amministrazione,  punta alla fruibilita’ della cultura attraverso l’eliminazione delle diverse barriere di accesso: economica, urbana, sociale, anagrafica; e alla solidarietà, all’inclusione, alla valorizzazione delle iniziative della cittadinanza attiva.

Sull’ambiente giunge una proposta interessante. Ridelegare alla biosfera compiti che sa ben svolgere:  un modello
 ben distinto dalla più familiare (e romantica) idea di un “ritorno alla natura”. Esempio tra tanti: utilizzando un certo tipo di batterio in acque nere si produce plastica biodegradabile. Ciò significa che quello che oggi è un aspetto negativo per qualsiasi città – le acque nere richiedono un complesso e costoso sistema di smaltimento – può diventare un elemento positivo. Vi sono molte altre utili scoperte che le città potrebbero mettere a frutto, ma di cui raramente approfittano.

Fonte : Europasia