L’impatto di Fiera Milano sul territorio locale e l’economia nazionale

Nella  foto :  Enrico Pazzali

Ogni anno le Fiere ospitate nei padiglioni di Fiera Milano, cui prendono parte quasi 25.000 espositori e 4 milioni di visitatori generano, per le sole aziende espositrici italiane,

ricavi per 46,5 miliardi di Euro. Le vendite realizzate nelle manifestazioni di Fiera Milano innescano un moltiplicatore di 3,1:

per ogni Euro di Valore Aggiunto realizzato dalle aziende espositrici per effetto delle vendite generate grazie alla partecipazione alla Fiera, si generano ulteriori 2,1 Euro nell’intera economia

grazie all’attivazione delle filiere a monte e dei consumi. Il contributo totale al PIL generato dalle “vendite fieristiche” è pari a 53,7 miliardi di Euro, equivalente al 3% del PIL nel 2019.

Il Sistema Fieristico italiano può avere un ruolo cruciale nel sostenere la nuova narrazione del sistema-Paese e delle sue produzioni guida, quale aggregatore delle eccellenze del Paese

e espressione della nuova immagine-Paese”, dichiara Enrico Pazzali. “In Italia la tradizione fieristica è secolare: proprio nel 2020 ricorre il Centenario della Fiera di Milano e le Fiere,

soprattutto quelle Business-to-Business, da sempre rappresentano uno dei principali luoghi di incontro tra domanda e offerta, di relazione tra filiere e catene del

valore, di sviluppo e di innovazione, di volano per l’export e di promozione del Made in Italy.

Sono alcuni dei dati contenuti nello studio Strategico “Il futuro dell’industria italiana tra resilienza, rilancio dopo la crisi sanitaria globale e competitività di lungo periodo

predisposto da The European House – Ambrosetti per Fondazione Fiera Milano e presentato il 4  settembre a Cernobbio da Enrico Pazzali, Presidente, Fondazione Fiera Milano

Valerio De MolliManaging Partner & CEO, The European House – Ambrosetti.

Il documento analizza la situazione di crisi attuale legata all’emergenza sanitaria da Covid-19, uno di quegli eventi rari e non previsti

che esercitano un impatto drammatico di tipo sistemico e senza precedenti, che ha sconvolto profondamente l’Italia, l’Europa e il resto del mondo,

mettendo a dura prova i sistemi sanitari e previdenziali, la società, l’economia e il modo di vivere e lavorare insieme. Si tratta del primo shock esogeno,

dopo la crisi petrolifera del 1979, che coinvolge sia domanda sia offerta. La situazione attesa per l’Italia è allarmante. Il modello di stima del PIL elaborato da The European House – Ambrosetti

prevede una contrazione pari a -10,8% per l’anno 2020, con una forbice previsionale tra -7,8% -13,8%. Per il settore manifatturiero l’impatto stimato per l’anno 2020 è pari a -21,4%.

Il 70% delle aziende italiane ha registrato un calo di fatturato rispetto allo scorso anno e, di questi, quasi la metà ritiene che il proprio fatturato subirà una flessione superiore al 25% nel 2020.

Lo Studio mette in evidenza che è fondamentale per l’Italia riportare i temi dell’industria al centro del dibattito strategico e dell’Agenda d’azione nazionale,

riscoprendone il ruolo, le valenze profonde e promuovendo le filiere di competenze e di “saper fare” distintivo del Paese. L’industria manifatturiera è da sempre un asset fondamentale per la crescita dell’Italia.

Il processo di lavorazione e trasformazione di prodotti e beni di consumo coinvolge quasi mezzo milione di imprese, per quasi 4 milioni di occupati 267 miliardi di Euro di Valore Aggiunto.

I consulenti di The European House – Ambrosetti hanno calcolato che, per ogni Euro investito nell’industria italiana, se ne generano 2,1 per il sistema-Paese,

grazie alle interconnessioni produttive con tutte le altre attività economiche.

Il DNA competitivo dell’industria italiana ha consentito al Paese di avere un ruolo chiave per lo sviluppo della manifattura europea e mondiale.

A fine 2019, l’Italia rientrava nella top 5 mondiale dei Paesi con surplus manifatturiero superiore ai 100 miliardi di Dollari922 prodotti italiani (su un totale di 5.206)

rientravano nelle prime 3 posizioni al mondo per surplus commerciale, tra le prime 10 Province europee superspecializzate nella manifattura erano italiane

e l’Italia aveva un ruolo chiave nelle catene del valore internazionali, non solo in termini di “valore contabile” delle esportazioni

ma anche relativamente al contenuto di Valore Aggiunto insito nelle fasi intermedie di lavorazione di molte produzioni nel Paese

(es. contributo alle lavorazioni intermedie del settore automotive, del settore dei macchinari, dell’industria chimica).

Permangono però alcune grandi questioni di fondo che “zavorrano” il potenziale dell’industria italiana:

rallentamento della produttività (negli ultimi 20 anni la produttività in Italia è rimasta ferma, contro una media di circa +20% dei competitor internazionali),

funzionamento poco efficace della Pubblica Amministrazione (le imprese che operano in Italia sono le meno soddisfatte in Europa per qualità della Pubblica Amministrazione),

ecosistema dell’innovazione ancora poco dinamico (l’Italia investe l’1,39% del PIL in R&S, l’obiettivo europeo è del 3% a fine 2020),

diffusione di una cultura antindustriale e progressivo impoverimento delle relazioni tra l’industria e le parti sociali.

La ripartenza del Paese non può prescindere da un piano d’azione serio e articolato per colmare il divario di competitività ad attrattività tra l’Italia e i suoi competitor internazionali.

Mai come oggi è fondamentale avere una Visione che possa guidare questa trasformazione, all’interno del nuovo panorama tecnologico e competitivo globale”,

dichiara Valerio De Molli. “La Visione per la trasformazione dell’industria italiana proposta da The European House – Ambrosetti è essere il Paese di riferimento nello sviluppo delle eccellenze per far vivere meglio il mondo”.

Fonte : Fondazione  Fiera  Milano