Quo vadis, Washington Post ?

di Oscar Bartoli, da Washington

Fondato nel 1877 il Washington Post ha una diffusione di circa 475mila copie giornaliere che raddoppiano la domenica.
Nonostante i tanti premi Pulitzer vinti dai suoi giornalisti,  il quotidiano della Capitale e’ un “ircocefalo” dalle molte teste.
Deve essere acquistato da chi si interessa della politica della Casa Bianca, dei partiti, delle istituzioni. Ma questi specialisti non fanno i numeri.
Il Post deve essere comprato da quel 73 per cento della popolazione del Distretto di Colombia composto da AfricanAmericans ai quali le sottigliezze del politichese non interessano minimamente.
Come del resto interessano poco alla maggioranza degli americani che si focalizzano sui fatti e storie locali che li impegnano da vicino. A cominciare dal gatto della signora Smith che e’ stato recuperato sul tetto dai pompieri. Con l’eccezione dei grandi processi che coinvolgono l’attenzione di larga parte della popolazione. americana.
Jeff Bezos, proprietario e fondatore di Amazon.com, ha comprato il Washington Post dall’ultimo discendente della famiglia Graham che per quattro generazioni lo aveva gestito saldamente, facendone uno dei pilastri dell’informazione mondiale. Basta ricordare lo scandalo Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon.
Ha pagato in contanti 250 milioni di dollari a titolo personale. Ovviamente ha annunciato in una lettera ai dipendenti del quotidiano che ci saranno dei cambiamenti e non e’ difficile immaginare che scatteranno i “lay offs”, ovvero gli alleggerimenti di personale.
Bezos e’ l’inventore del Kindle, il tablet che consente di leggere i libri in digitale. Lo e-book e’ entrato di prepotenza nel modo di essere degli americani. E quanto ai giornali stampati si assiste al declino costante delle principali testate che sono disertate dai lettori che preferiscono cliccare sui siti di questi media. Il New York Times ha dichiarato che i suoi sottoscrittori online hanno superato il numero di quelli che si abbonano alla carta stampata.
Proprio il NYT ha venduto per 67 milioni di dollari il Boston Globe e testate collegate al proprietario della locale squadra di calcio.
Tina Brown, che aveva acquistato la morente testata NewsWeek, ha gettato la spugna perche’ la gente non compra neanche l’edizione digitale. Noi compresi.
Il proprietario di Amazon si e’ comprato un giocattolo, svenduto a un prezzo di saldo primaverile, e ne fara’ certamente qualcosa di nuovo.
Resta il fatto che da queste parti la gente non ha il tempo di sedersi a leggere il giornale bevendo un caffè e fumando una sigaretta come si fa ancora in Italia. Questo spiega perche’ la diffusione aumenti la domenica.
Jeff Bezos ha l’ossessione del cliente, della customer satisfaction. Altrimenti la gente si rivolge a qualche altro concorrente pronto ad azzannare l’osso. Sara’ quindi interessante vedere nei prossimi mesi come riorganizzera’ l’ansimante Post.
L’informazione si fa “penetrando” lettori e spettatori con storie coinvolgenti e interessanti. Impegno questo sempre più difficile a causa dell’inflazione di notizie che ci vengono scaricate sui televisori, smartphones, PC, tablet, radio e carta stampata.
Il costo di una “newsroom” sta diventando intollerabile per le testate molte delle quali ospitano con sempre maggiore frequenza notizie che trovano sui blog e sugli “aggregatori” ,come li definisce con disprezzo Rupert Murdoch, il mega editore australiano del Wall Street Journal.
E’ saltato il tappo alla bottiglia dell’informazione americana. Il dominio della carta stampata iniziato nel 1450 con la Bibbia di Guttemberg volge al termine. Stiamo vivendo una rivoluzione digitale di cui molti faticano a rendersi conto.
Stiano a vedere, come diceva il cieco.