Tassazione immobili: illustrate al Senato le posizioni ANCE

Si è svolta l’ 11 giugno presso la Commissione Finanze del Senato l’audizione dell’Ance nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla tassazione degli immobili.
La delegazione associativa, guidata dal Geom. Giuliano Campana, Vice Presidente per il settore economico-fiscale-fiscale-tributario, ha evidenziato, in premessa, alcuni dati relativi alla crisi nel settore, ricordando che nel primo trimestre del 2013, secondo l’Istat, la produzione nelle costruzioni ha registrato un calo del 12,1% rispetto al primo trimestre del 2012 (si tratta del 19° trimestre consecutivo di calo della produzione per il settore). Risulta pesante anche la situazione sul fronte degli investimenti nelle costruzioni, che secondo le nostre stime evidenziano una flessione del 7,6% in termini reali nel 2012 e un ulteriore calo del 3,8% previsto per il 2013. In sei anni (2008-2013), il settore delle costruzioni avrà perso circa il 30% degli investimenti e si colloca sui livelli più bassi degli ultimi quaranta anni.
La caduta dei livelli produttivi coinvolge tutti i comparti ad eccezione degli interventi di recupero del patrimonio abitativo, con una crescita nel periodo considerato del 9,3%.
Al riguardo, ha, quindi, sottolineato positivamente la proroga delle agevolazioni per le ristrutturazioni abitative e la contestuale proroga e potenziamento dell’agevolazione per gli interventi energetici (disposte dal Governo con il DL 63/2013), che si stima possa determinare un investimento aggiuntivo del 3% in termini reali, 5% in valori nominali, quantificabile in 2,2/2,5 miliardi.
Ma a prescindere da questa positiva novità, l’aspetto più drammatico della situazione descritta riguarda il crollo dell’occupazione. Al riguardo, i dati delle Casse Edili evidenziano che tra il 2008 e il 2012, in Italia, il numero di ore lavorate ha subito una contrazione del 34,1%, mentre per operai e imprese iscritti il calo si è attestato, rispettivamente al 31,2% e al 26,6%.
A fronte della diminuzione degli investimenti, delle imprese e dei posti di lavoro, l’unico trend positivo è rappresentato dall’aumento del gettito fiscale sugli immobili. Al riguardo, i dati ufficiali parlano di un gettito fiscale sugli immobili (derivante dalle principali imposte) stimato nel 2012 in oltre 41 miliardi di euro. Questo importo non tiene, però, in considerazione le prime stime a consuntivo sul gettito IMU effettivo che, nel 2012, prevedono un “extra gettito”, di circa 3 miliardi di euro.
Pertanto, le entrate derivanti dalla tassazione sugli immobili sono stimabili in circa 44,2 miliardi di euro, a fronte dei 32,3 miliardi del 2011, con un aumento in termini percentuali del 36,8% (circa 12 miliardi in più). Riguardo alla composizione del gettito, a fronte di una riduzione delle entrate derivanti dai trasferimenti di immobili e dal comparto delle locazioni, da collegarsi alla persistente crisi del mercato immobiliare, si registra una crescita rilevantissima del prelievo sul possesso degli immobili, ossia più della metà del gettito deriva dall’introduzione dell’IMU.
Alla luce di questi dati, si può, quindi, concludere che la crisi del mercato immobiliare colpisce direttamente anche le casse dello Stato, perché il decrescente numero di operazioni (di trasferimento degli immobili piuttosto che di locazioni) sta determinando un conseguente e proporzionale decremento del gettito. Al riguardo, ha, altresì, rilevato che la soluzione a queste “mancate entrate” non può essere quella di aumentare le imposte legate al possesso degli immobili(come l’IMU e l’imminente TARES),  il cui gettito, tra l’altro, è già stato in parte destinato all’Erario,bensì occorrono interventi mirati a riattivare il mercato delle costruzioni, che è l’unico in grado di rimettere in moto l’economia del Paese nel suo complesso: 1 euro investito nell’edilizia genera sul sistema economico una ricaduta positiva di 3,4 euro,distribuiti tra settore delle costruzioni, settori collegati e settori attivati dalla spesa.
Alla luce delle considerazioni espresse, ha, quindi, rilevato, che occorre ribaltare la logica dell’utilizzo della leva fiscale per quanto riguarda gli immobili:  la fiscalità immobiliare non può essere utilizzata come strumento di risanamento dei conti pubblici, ma va attivata per riaccendere il motore dell’edilizia: maggiori investimenti, maggiore occupazione, maggiori consumi, maggior gettito.
In particolare, ha evidenziato tre linee guida che dovrebbero ispirare la riforma della tassazione immobiliare:
–      ogni forma di incentivazione non deve essere valutata come “costo secco” per l’Erario (minor gettito), quanto piuttosto come leva propulsiva per lo sviluppo economico e per la creazione di nuovi posti di lavoro;
–      il regime fiscale sugli immobili non deve incidere sui costi di produzione né disincentivare l’investimento;
–      il gettito derivante dalla tassazione degli immobili deve essere destinato integralmente all’ente locale competente sul territorio in cui l’immobile è localizzato.
Ha, inoltre, rilevato la necessità che la riforma della tassazione immobiliare affronti tutte le criticità fiscali che si riscontrano nell’intero ciclo economico dell’edilizia: produzione, trasferimento e possesso degli immobili. Sin dalla fase di produzione – che inizia dall’acquisto delle materie prime (aree da edificare e fabbricati da riqualificare) e termina con la vendita del manufatto realizzato, l’impresa edile, sicuramente più di altri settori manifatturieri, si espone considerevolmente, sia dal punto di vista economico che finanziario, a fronte di un risultato che arriva solo dopo diversi anni (talvolta, decenni se il cliente è il pubblico), e, nel frattempo, il “costo fiscale” da sostenere assume livelli molto elevati (basti pensare alle imposte che gravano sull’acquisto delle materie prime –aree e fabbricati su cui intervenire– all’indeducibilità degli interessi passivi e all’IMU sul “magazzino”).
Sotto tale profilo, ad avviso dell’Associazione, una riforma dovrebbe, quindi, razionalizzare l’intero prelievo che grava oggi sull’attività produttiva immobiliare, prevedendo, nello specifico:
–      l’applicazione di imposte fisse (registro, ipotecarie e catastali) per l’acquisto di aree, fabbricati e diritti edificatori, finalizzati ad interventi di riqualificazione urbana;
–      la piena deducibilità degli interessi passivi relativi ai “beni merce”, dall’acquisto dell’area sino ai 5 anni successivi all’ultimazione dei lavori;
–      l’esclusione dei “beni merce” dall’IMU.
Riguardo alla fase del trasferimento degli immobili, ha ricordato che da tempo l’ANCE avanza proposte su come stimolare la domanda, soprattutto nel comparto abitativo, anche in un’ottica anticongiunturale. Il calo delle compravendite, infatti, si ripercuote direttamente sulle casse dello Stato, riducendo considerevolmente il gettito. Al riguardo, con il precedente Governo era stata avviata una riflessione e formulata una proposta di detrazione Irpef, a favore di chi acquista una casa anche per investimento, correlata alle imposte da questi dovute per un massimo di 100.000 euro.
 
Sull’ultima fase del ciclo produttivo dell’edilizia, legata al possesso dell’immobile, ha rilevato la stretta connessione con le tematiche della riqualificazione urbana e del mercato delle locazioni abitative, che meritano una particolare attenzione anche per il forte impatto che hanno sulla collettività, sia in termini di qualità dell’abitare, sia in termini di accesso all’abitazione per le fasce più deboli della popolazione. Sulla riqualificazione urbana, ha evidenziato positivamente il ruolo svolto dal “piano città” con cui si è dato il giusto riconoscimento al ruolo strategico che può assumere un’efficace politica di “rinnovamento urbano”, in termini sociali, per il miglioramento della vivibilità del territorio e in termini economici, come volano per la ripresa delle attività produttive e dell’occupazione. In merito alle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e per la riqualificazione energetica degli edifici (già sopra menzionate), ha evidenziato che, ad avviso dell’Associazione, occorre fare un passo ulteriore, rendendo stabile il potenziamento al 50% della detrazione per le ristrutturazioni abitative, estendendone nel contempo l’applicabilità anche agli interventi di vera e propria “sostituzione edilizia e confermando stabilmente la detrazione del 55%, magari scegliendo di mantenerla solo per gli interventi più incisivi, compresi quelli finalizzati alla sicurezza statica ed antisismica.
In merito alla locazione di abitazioni, ha, altresì, rilevato che occorre individuare meccanismi fiscali in grado di incrementare l’offerta, finalità non raggiunta con l’introduzione della “cedolare secca”, che non ha dato, di per sé, i risultati attesi, anche perché non affiancata da corrispondenti agevolazioni per gli inquilini, che, tra l’altro, avrebbero contribuito a far emergere gli affitti in nero, creando un “contrasto di interessi” tra proprietari e affittuari. Ulteriore disincentivo alla locazione è legato, inoltre, alla disciplina dell’IMU che, per assurdo, agevola chi tiene sfitto l’immobile, mentre disincentiva completamente chi lo vuole affittare.
A tale riguardo, ad avviso dell’Associazione occorre, dunque:
 
–      affiancare alla “cedolare secca”, prevista per i locatori persone fisiche, specifiche agevolazioni anche a favore degli inquilini;
–      introdurre forme di tassazione separata anche per il reddito da affitto delle imprese;
–      ridurre l’IMU per gli immobili locati, specie per le abitazioni affittate a canone concordato.
 
In tema di tassazione locale (IMU e TARES) si è, altresì, soffermato sull’esigenza di riformulare complessivamente il prelievo comunale. In particolare, Per l’IMU, occorrerebbe un complessivo ripensamento della struttura dell’imposta, che comprenda l’introduzione di criteri reddituali che riducano (o escludano) l’imposta per l’“abitazione principale”, una riduzione “automatica” per gli immobili locati e l’esclusione dei “beni merce” delle imprese edili.
Riguardo alla TARES, andrebbe considerata l’ipotesi di un integrale ripensamento dell’impianto normativo del tributo, che, in un’ottica di semplificazione del prelievo, potrebbe essere accorpato all’IMU, non come addizionale ma in qualità di vera e propria “tassa di scopo”, diretta al finanziamento di servizi ed opere di pubblica utilità, direttamente legate al territorio.
Riguardo, infine, al previsto aumento dell’IVA dal 21% al 22% dal prossimo luglio, ha auspicato che tale eventualità sia scongiurata, anche per i conseguenti effetti depressivi sui consumi.
 
Fonte : Elaborazione  ASPESI