Una cura amara ma con positivi e rapidi effetti sul malato “Italia”

di Alberto M. Lunghini, FRICS, AICI

Presidente Reddy’s Group
 
( Nota : il presente  articolo è stato predisposto per l’ “ EIRE Forum” e come tale pubblicato su www.eire.mi.it in data 8 marzo 2013)
 

Alberto Lunghini
Alberto Lunghini

Lancio qui sotto una proposta per il rilancio dell’economia italiana.
E’ una proposta che pare strano venga formulata da chi opera nel settore immobiliare: infatti qui si ipotizza un intervento legislativo che provocherà una “temporanea (per vari anni) riduzione dei prezzi immobiliari in quasi tutti i settori.
Ma logica e buon senso (non parlo di intelligenza) impongono – in momenti gravi come l’attuale – decisioni che vanno al di là dell’interesse “particulare e immediato” di una categoria (i proprietari immobiliari).
Se si giungesse al collasso del Paese, anche i proprietari immobiliari sarebbero fortemente e negativamente colpiti nei loro interessi.
Prevenire è sempre meglio: si fa una cura dimagrante oggi per evitare una grave malattia o una amputazione (o la morte) domani.
Certamente vi deve essere equilibrio anche nei sacrifici. Non si può scaricare solo sui proprietari immobiliari il risanamento del Paese.
Contemporaneamente alla introduzione di una nuova legge per calmierare i canoni locativi devono essere introdotte misure di snellimento della burocrazia, di riduzione delle imposte dirette e indirette, di velocizzazione della Giustizia.
Non sono misure complicate da scrivere né da decidere né da applicare. Occorre solo capire che questi interventi vanno decisi e attivati subito e occorre la relativa volontà di farlo.
L’Italia si confronta da molto tempo con la Germania (spread sugli interessi dei rispettivi debiti pubblici, salari, etc.).
Forse è bene ricordare a tutti gli italiani che in Germania, nonostante i salari siano più elevati che in Italia del 14,6%, i canoni di locazione e i prezzi immobiliari (tranne casi rari e localmente isolati: vedasi alcune zone di città come Monaco di Baviera, Amburgo, etc.) sono mediamente inferiori ai canoni di locazione e ai prezzi immobiliari italiani.
Va anche ricordato che un mercato immobiliare è “sano” (per tutti: proprietari, inquilini, operatori del settore) non quando i prezzi sono alti, ma quando vi sono molte transazioni (cioè quando ogni anno vi sono molte compravendite immobiliari e quando ogni anno vi sono molti nuovi contratti di locazione).
Gli operatori e i proprietari immobiliari italiani (almeno quelli di Milano, Roma e di qualche altra città), se continueranno a guardare (come esempio da seguire) Londra e Parigi, mentre l’esempio da seguire non è la politica finanziaria tedesca ma la politica immobiliare tedesca, potranno presto trovarsi in grossi guai. E con loro l’Italia intera.
 

 

Proposta  : che cosa incominciare a fare di concreto per valorizzare (cioè creare valore per) il “Paese Italia” e per far ripartire l’economia italiana.
 
 
(tutti i valori di seguito indicati sono in euro)
 
Immaginiamo che si riesca a ridurre i costi della politica (del 5% per anno per dieci anni?), a ridurre le spese statali (di un 3% per anno per 10 anni al fine di non ammazzare il cavallo ovvero i dipendenti pubblici attuali), a fare cassa con qualche dismissione pubblica (20 MLD/anno per  dieci anni?).
 
Ciò aiuterà a ridurre il deficit statale, ma non certamente a far ripartire l’economia, il lavoro, etc.
 
Possiamo incidere sui prezzi delle materie prime? No, perché noi in Italia non abbiamo materie prime e i prezzi delle materie prime vengono decisi fuori dall’Italia.
 
Possiamo incidere sui prezzi di beni e di servizi svalutando la moneta? No, sino a quando l’Italia resterà agganciata all’euro.
E poi, anche se l’Italia tornerà alla Lira, almeno per i primi anni dal momento dell’uscita del nostro Paese dall’euro avremo grandi contraccolpi inflattivi (che nell’immediato non fanno bene all’economia nazionale).
 
Possiamo incidere sul costo del lavoro riducendolo? Si, ma deve essere offerto qualche cosa in cambio ai lavoratori e ai Sindacati.
 
Si possono ridurre le imposte sulle imprese, affinchè le imprese possano ridurre i prezzi di beni e di servizi per i loro clienti e quindi anche per i lavoratori.
Ma ciò non può avvenire in modo molto significativo, perché lo Stato comunque deve fare fronte ai propri impegni senza incrementare (anzi riducendo anno dopo anno) il debito pubblico.
 
Occorre quindi fornire alle imprese e ai consumatori finali una ulteriore possibilità di ridurre i propri costi. E questa possibilità viene solo dagli immobili.
Ma non imponendo una imposta patrimoniale (che si aggiungerebbe alla attuale patrimoniale che è l’IMU), perché l’introduzione di una imposta patrimoniale deprimerebbe i consumi invece di rilanciare l’economia.
Bensì reintroducendo una legge per calmierare i canoni di locazione, scegliendo un nome diverso ma ricordando l’Equo Canone (legge 392/1978).
Questa legge deve calmierare i canoni locativi per un lungo periodo al fine di dare stabilità e certezza di relativamente bassi canoni di locazione sia per le abitazioni che per le attività produttive/professionali/commerciali di basso profilo.
La durata di validità della legge deve essere pari ad almeno dieci anni: non si pensi di proporre un periodo di tre anni più eventuali proroghe, perché ciò ucciderebbe il mercato creando incertezza.
Questa legge, che deve calmierare i canoni locativi, deve essere applicata su tutti gli immobili, abitativi e non, comprendendo quindi uffici, capannoni, negozi (purchè non posti in Centri Commerciali o in importanti vie commerciali cittadine), escludendo solamente gli immobili locati a fini turistici (per questi – appartamenti di vacanza, hotel, etc. – ci pensa già da solo il mercato a regolare i canoni locativi) e i negozi posti in Centri Commerciali e in importanti vie commerciali cittadine.
La nuova legge, che deve calmierare i canoni locativi, deve essere scritta non da funzionari ministeriali o nei salotti romani ma da “veri” esperti del mondo immobiliare: per trovare questi autori seri e capaci è sufficiente rivolgersi alle associazioni degli operatori immobiliari, agli operatori esperti del mercato immobiliare.
Pur con il dovuto rispetto non ci si deve rivolgere a professori universitari (che nulla o quasi nulla sanno di che cosa avviene sul mercato e in particolare della psicologia – e non solo della dottrina – che governa la dinamica dei rapporti locativi) e neppure alle associazioni degli inquilini o dei proprietari immobiliari, perché queste difenderebbero comunque e aprioristicamente interessi di parte.
 
Certamente una simile legge provocherebbe nell’immediato e almeno per alcuni prossimi anni una riduzione dei prezzi degli immobili su cui viene applicato “il nuovo Equo Canone” (va certamente trovato un nome “nuovo” a questa legge).
Ma chi è proprietario della propria prima casa non avrebbe alcun danno dall’entrata in vigore di una simile legge, anzi potrebbe risparmiare un poco di IMU se i valori catastali venissero adeguati ai prezzi di mercato (che risulterebbero diminuiti a seguito dell’entrata in vigore della legge): sempre che nel frattempo non venga abolita l’IMU sulla prima casa. Va ricordato che oltre il 70% degli italiani è proprietario della prima casa in cui normalmente vive.
Quindi sul 70% degli italiani questa legge non provocherebbe alcun impatto negativo.
La maggior parte del restante 30% degli italiani (pur essendo a volte proprietario di immobili ad esempio nel comune di nascita) invece vive in locazione (non a canone agevolato) nel luogo in cui lavora (o lavorava).
Questi circa 15 milioni di italiani avrebbero un immediato guadagno dalla riduzione del canone di locazione: ciò che viene speso in meno per le locazioni può essere speso ogni mese per acquistare altri beni e servizi, incrementando così i consumi e contribuendo a rilanciare l’economia.
Le imprese e i professionisti riceverebbero un importante aiuto per ridurre il costo di gestione annuo delle loro realtà imprenditoriali e professionali, facendo sì che i loro prezzi al pubblico possano scendere. E si innescherebbe così un circuito vituoso di effetti positivi per l’occupazione e per l’econmia in generale: con innegabili vantaggi anche per le casse dello Stato nel medio periodo.
Gli unici svantaggiati da questa legge sono i proprietari di casa che offrono in locazione i loro immobili.
Ma anche per loro oggi la situazione non è facile da gestire: inquilini che non pagano o che pagano in ritardo i canoni locativi e le spese di gestione degli immobili, tassazione sempre più aggressiva o comunque troppo complessa, incertezza del diritto, assurdi tempi giudiziari per riottenere la disponibilità di un immobilie locato in caso di morosità dei conduttori, etc.
Come merce di scambio al sacrificio sui canoni di locazione, lo Stato ai proprietari di immobili dati in locazione può proporre un insieme di provvedimenti “compensativi” quali:
– tempi certi e brevi per la liberazione degli immobili da conduttori morosi,
– una fiscalità più leggera e più semplice di quella attualmente in vigore (riducendo al minimo le imposte di registro sui contratti di locazione, le imposte sui redditi locativi con canoni ridotti per legge, le imposte di registro/ipotecarie/catastali sulle compravendite; eliminando ogni altra imposta indiretta in caso di vendite con IVA) .
 
Se si ipotizza che il reddito da immobili locati in Italia (con le esclusioni sopra evidenziate: immobili locati a fini turistici e negozi posti in Centri Commerciali e in importanti vie commerciali cittadine) sia pari a circa 80 MLD (si veda in proposito anche una recente analisi redatta dall’Agenzia del Territorio sui redditi da locazione in Italia) e se la nuova legge prevedesse una riduzione (media) del 20% dei canoni di locazione, si avrebbero circa 16 MLD disponibili per nuovi consumi.
Si avrebbe quindi un incremento del PIL pari all’uno per cento annuo circa.
 
Se contemporaneamente venisse riscritta la legge sul lavoro flessibile, se si avesse il coraggio di far fallire le Banche (anche se in Italia per legge una Banca non può fallire) che meritano di non essere salvate e di premiare le Banche che possono tornare a prestare danaro alle imprese e chi vuole comperare casa, allora si potrebbe dire che è stato fatto finalmente qualche cosa di concreto per salvare questo Paese e non solo inutili dibattiti.
 
Non mi stupirei se qualche forza politica nelle prossime settimane rendesse pubblica la volontà di reintrodurre l’Equo Canone (mi auguro nella formulazione sopra descritta e non come mera riedizione della legge del 1978).
Anche per i proprietari immobiliari un nuovo Equo Canone (corredato dalle “agevolazioni” per la proprietà sopra descritte) sarebbe il minore dei mali: certamente meno rovinoso di una “cieca, cattiva, non selettiva” imposta patrimoniale.