Davide PADOA,  CEO di Design  International  : un MIPIM  “ triste ma felice“

di Paola G. Lunghini

Davide  Padoa   :   gli sono amica  da  oltre un quarto  di  secolo . Lo  conobbi  proprio al MIPIM di   Cannes  , lui  giovanissimo  professionista  non ancora   “archistar” e  manager  . La  Società  di architettura  dove  già allora  operava,   Design  International,  era  a  Londra una  realtà  ben  consolidata, che  si  era  già   affacciata  sui  mercati  internazionali.  Sotto  la  guida  del  nostro  milanesissimo Davide  (  che  ne  divenne  CEO  a  soli 36  anni  !!! ) ,  DI  è  oggi  una  organizzazione   “  complessa”  che  agisce  in  mezzo  mondo,  e  altro  non dico. Per  saperne di più,  si veda  http://www.designinternational.com  .

Ma  Davide  “  si trova “  anche  qui ,   in articoli a  mia  firma  : https://www.internews.biz/in-viaggio-con-davide-padoa-ceo-di-design-international/  e  https://www.internews.biz/intervista-a-davide-padoa-ceo-di-design-international/

Q :  Allora,  Davide,  tu  sei  presente  al  MIPIM  (  e  pure  al  MAPIC,  la  fiera  del  retail  che  si  svolgeva  a  novembre,  sempre  sulla  Croisette ) da  molti anni.  Com’è  andata,  questa  edizione  della  Fiera  che  si  è  svolta in presenza   la  scorsa  settimana,  dopo  tanti  patemi  ?

A :  Sembrava “quasi” un MIPIM come gli altri 25 cui ho partecipato (pre-pandemia, si intende), fino a quando non  sono arrivati al nostro stand due visi a noi ben noti, un po’ stanchi ma pieni di vita. Erano Evgeny e suo figlio Philip, appena arrivati da Kharkiv in Ucraina. «Il viaggio è stato lungo ci dice Evgeny, che  così continua: «In macchina da Kharkiv a Cannes sono 3 mila  km». Philip apre il telefono e dice: «Guardate, questo video mi è stato spedito dall’ufficio questa mattina: una bomba è esplosa ad appena 200 metri dall’ingresso del  Centro  Commerciale  di  cui  voi  di  DI  avete progettato l’ampliamento. La facciata è bellissima. Ovviamente il Mall è chiuso. Per il momento , per  fortuna, è ancora intatto» . Il mio socio Lucio Guerra ( che ha seguito i nostri progetti in Ucraina) e io ci siamo guardati increduli, poi li abbiamo abbracciati, tristi e felici allo stesso tempo. Da quel momento il MIPIM ha ripreso il suo significato.

Q :  Qual’ è,  per  te,  il  significato ?

A : Una Fiera per costruire – e adattare il mondo costruito ai  nuovi bisogni – non per distruggere !  Rivedere tante persone ( si dice  abbiano partecipato a questa edizione  del MIPIM  circa  20 mila  delegates  )  e, soprattutto, rivederle dal vero e per intero (i più senza mascherina, ahimè) è stata una vera liberazione dopo due anni (almeno per noi) molto difficili. E si è parlato di tanto !   E non soltanto di logistica e degli yield “da capogiro” cui questo settore è arrivato.

Q :  Ovvero ?

A : Si è parlato di trasformazione, riuso e sviluppo. Che l’approccio sia digitalmente avanzato, sostenibile e socialmente sensibile è come dire che gli edifici siano fatti di vetro, calcestruzzo, pietra, legno e acciaio: una cosa ovvia.  I nostri progetti si dividono in due grandi categorie: trasformazione e riposizionamento di edifici a uso commerciale,  e rigenerazione urbana con edifici a uso misto. In entrambe le categorie  ciò  che veramente fa la differenza è lo spazio aperto, a sua volta diviso in luoghi di flusso e luoghi di sosta. 

Q :  Cosa  avete  “ portato“  a  Cannes  ?

A : Abbiamo esposto al nostro stand progetti ultimati negli Emirati Arabi (Silicon Central, Sharjah Central), in Cina (Livat Changsha), in India (Lulu Mall Trivandrum) e i nostri grandi sviluppi urbani ,  45 Feddan al Cairo e Al Amine Resort in Egitto, Livat Shanghai in Cina, Tunis Garden City in Tunisia, Pompei Maximall in Italia, Trasloma Meeting Place a Guadalajara in Mexico. 

Tunis Garden City, promosso dallo sviluppatore Indigo Property e dall’agenzia governativa tunisina Al Buhaira, è un ottimo esempio di progetto mixed-use in cui un parco lineare unisce una galleria commerciale integrata a uffici, oltre 200 appartamenti, un hotel con brand Mama Shelter, serviced apartments con brand Adagio e un centro congressi. Tutti gli edifici avevano come comune obiettivo la creazione di terrazze per almeno il 15% della superficie totale.

Q :  La  pandemia :  c’è  stata  trasformazione,  per Design International ?

A : Sì,  DI si è trasformata . Credendo da sempre nella specializzazione, operiamo ora con alcuni tra i migliori partner in  otto  asset class (per noi verticals): mixed-use, residential, office, hospitality, sport, retail, culture e hospital. Il  nostro Gruppo rimane leader nel mixed-use, in progetti con un valore che varia dai €100 milioni a €1.5 miliardi. Con 2,000 appartamenti (tra co-housing, built-to-rent e premium) in fase di progettazione e 8 milioni di metri quadrati in strutture miste di varia natura in 13 Paesi – di cui 2 milioni in ristrutturazione – lo Studio è finalmente tornato alla vivacità creativa e intellettuale che lo contraddistingue. 

Abbiamo anche cambiato il logo del Gruppo :  disegnato in autocad e ispirato al logo originario del 1965, segna il cambiamento di un Team oggi più diversificato che mai, ma anche di un Gruppo fedele ai propri principi e ai propri clienti, come Evgeny e Philip, cui abbiamo esteso l’utilizzo dei nostri uffici e delle nostre case a Londra.