Decreto ristori: quello che manca , secondo Confedilizia

di Giorgio Spaziani Testa, Presidente Confedilizia

Il decreto “ristori”, come altri provvedimenti precedenti, non si occupa di tutti coloro che avrebbero bisogno di aiuto.

A mancare all’appello, ad esempio, sono gli interventi in favore dei tanti proprietari di case e locali commerciali che da mesi non ricevono più il reddito da locazione (spesso la loro unica o principale entrata, neppure elevata) per assenza di inquilini (si pensi ai turisti e agli studenti) o per situazioni di morosità negli affitti di lunga durata.

Non sono stati previsti aiuti, anche se in questo caso dovrebbe parlarsi di risarcimento, neppure in favore dei proprietari che stanno subendo il blocco generalizzato degli sfratti: di fatto, l’espropriazione dell’immobile per quasi un anno. Per loro non sono stati disposti neanche sgravi dell’Imu, una patrimoniale sempre più insopportabile che necessiterebbe invece di un’estesa opera di riduzione, mentre continua ad essere dovuta persino sugli immobili sfitti.

Vi è poi da chiedersi come non possa essere considerata ormai ineludibile, di fronte a questa situazione drammatica, l’eliminazione della norma che impone la tassazione reddituale (Irpef) persino dei canoni di locazione non percepiti dai proprietari.

Ma anche le due misure di nostro interesse presenti nel decreto dovrebbero essere ricalibrate.

La prima è il credito d’imposta per gli affitti commerciali in favore degli esercenti-conduttori,  cedibile ai proprietari-locatori. Si tratta, in sostanza, del meccanismo in forza del quale il Governo si fa carico del 60% del canone a determinate condizioni (un meccanismo che servirebbe anche negli affitti abitativi). E’ stato previsto per i mesi di ottobre, novembre e dicembre per le sole attività interessate dall’ultimo dpcm, dopo che precedenti provvedimenti lo avevano previsto, per il periodo marzo-giugno, per la generalità delle attività economiche.

Occorrerebbe investire più risorse su questa misura, che insieme a Confcommercio, già prima della nuova ondata di contagi e dei conseguenti provvedimenti restrittivi, avevamo chiesto di estendere sino a fine anno, senza interruzioni, per tutti. Alcuni mesi (luglio, agosto e settembre) rimarranno scoperti e le attività commerciali non toccate dal nuovo dpcm si fermeranno ai quattro mesi iniziali.

La seconda misura che necessiterebbe di correttivi è quella che prevede la cancellazione della seconda rata dell’Imu per gli immobili nei quali si esercitano le attività limitate dal nuovo dpcm, ma “a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate”.

A parte le considerazioni già fatte sulla necessità di una ben più estesa opera di riduzione dell’imposta, perché insistere con questa discriminazione nei confronti del proprietario che dà in affitto il locale a chi esercita l’attività limitata? Se l’esercente smette di pagare il canone o ne chiede la riduzione, situazioni ormai frequentissime, a soffrire, e a necessitare il “ristoro”, non è anche quel proprietario?

( tratto  da Italia Oggi,  30  ottobre )