La sedia assassina

di James Hansen per Mercoledì di Rochester
  Una delle caratteristiche che meglio definisce la nostra epoca è che, per la prima volta nella storia umana, molta più gente lavora seduta che in piedi. Il “trono” era per i Re e gli alti prelati. Perfino gli scrivani e i contabili stavano in piedi, mentre la gente comune lavorava accovacciata per terra o piegata in due nei campi. Negli Stati Uniti i lavori “sedentari” sono aumentati dell’83% dal 1950 e, nell’insieme, i posti che richiedono l’attività fisica ora impegnano meno del 20% della forza lavoro del Paese. Nel 1960 erano all’incirca il 50%.  Il dato non dovrebbe essere molto diverso in Italia ormai, ma qui manca l’ossessiva raccolta dei dati che consuma l’America del Nord. Anche in vista dell’evidente opportunità commerciale, si è molto discusso in questi ultimi anni degli effetti nefasti dello stare seduto. L’eccessiva immobilità su una sedia – secondo dati del Governo canadese, chi lavora in ufficio passa il 75% del tempo seduto – può indebolire i muscoli della schiena e del tronco, schiacciare i nervi delle natiche e interferire con il flusso di sangue necessario al corpo per mantenere il giusto livello di energia e d’attenzione. Ricercatori medici hanno trovato “correlazioni” – non prove di “causa e effetto”, ma semplici relazioni statistiche – tra l’uso delle sedie e patologie che vanno dai dolori alla schiena, le vene varicose e lo stress, ai problemi al diaframma, alla circolazione e persino disturbi alla “defecazione”. Praticamente è un miracolo che siamo ancora vivi e che l’attesa di vita continui testardamente ad allungarsi… Quando, nel secolo scorso, l’ufficio ha cominciato la scalata per diventare il principale luogo di lavoro in Occidente, la poltrona del capo – ovviamente, forse – aveva molto del trono classico e i trespoli dei dipendenti dovevano essere scomodi abbastanza per non incoraggiare il sonno. Col tempo, l’idea che il confort generalizzato potesse invece migliorare il rendimento si è radicata e anche le poltrone degli impiegati si sono ammorbidite. Forse anche troppo. La moderna poltrona d’ufficio risale al 1994 e alla famosa “Aeron” della società americana Herman Miller, raffigurata qui sopra. Il modello, estremamente influente, è arrivato giusto in tempo per il boom “dot com” di quegli anni e quasi non c’era “start up” che non l’avesse. L’Aeron “classica”, tuttora in listino a partire da circa €2mila, è a causa del prezzo ancora “dirigenziale” – ma è arrivata a vendere un milione di pezzi all’anno nel mondo, dimostrando come la “seduta” possa anche essere una miniera d’oro. Da allora infatti si sono susseguite le mode relative a come stare alla scrivania. Per un po’ si consigliava di lavorare in piedi davanti a tavoli alti, poi si è passati ad altre curiose sedie che più o meno mettevano in ginocchio chi le usava. Da qualche tempo va forte una sedia “yoga ball”, dove si sta in bilico su una grossa palla gonfia – lo sforzo di restarci dovrebbe impegnare muscoli altrimenti inattivi… Non finisce qui ovviamente, ma malgrado tutto viviamo più a lungo che mai e non c’è una fuga in massa di chi vorrebbe tornare a spezzarsi la schiena nei campi sotto un sole cocente. Che forse anche quello possa far male alla salute? ( si  ringrazia  per la  gentile  concessione )