Lunedì 5 giugno, Giornata mondiale dell’Ambiente! Strategie #sprecozero contro l’inquinamento da plastiche

Se l’anno scorso ci siamo ricordati che abbiamo “una sola Terra”, e che non c’è più tempo per smemoratezze o distrazioni al riguardo – era infatti “Only one Earth” il tema della Giornata mondiale dell’Ambiente 2022 – il 5 giugno 2023 sarà l’occasione per riprendere concretamente uno dei temi clou dell’ultimo decennio, sul fronte della salute del pianeta, dai mari alle terre emerse: quello dell’inquinamento legato alle plastiche. #BeatPlasticPollution sarà il filo rosso degli eventi in programma in tutto il mondo lunedì prossimo, un appello globale per combattere l’inquinamento da plastica nel 51° anniversario della Giornata mondiale dell’Ambiente.

L’accumulo di prodotti e particelle di plastica di scarto negli ecosistemi terrestri è da tempo in prima linea anche a causa della crescita esponenziale dell’uso di plastiche monouso. Nel mondo stiamo producendo il doppio dei rifiuti di plastica rispetto a venti anni fa, la maggior parte finiscono in discarica, nell’ambiente o inceneriti. Il primo OECD Global Plastics Outlook dell’OCSE, Organismo per la cooperazione e lo sviluppo economico internazionale (febbraio 2022) indica che l’aumento della popolazione guida la crescita inarrestabile della quantità di plastica utilizzata e gettata, mentre le politiche per frenare il rilascio delle plastiche nell’ambiente stanno fallendo. Si legge nel rapporto che sui 460 milioni di tonnellate di plastica prodotte nel 2019 nel mondo, la produzione di rifiuti si è stabilizzata a 353 milioni di tonnellate. Solo 9% dei rifiuti di plastica sono stati riciclati in fine, mentre 19% sono stati inceneriti e circa 50% sono finiti in discariche controllate. Il restante 22% è stato abbandonato in discariche selvagge, bruciato a cielo aperto o gettato nell’ambiente. Secondo il report, quasi la metà di tutti i rifiuti di plastica è generata nei Paesi dell’OCSE. I rifiuti di plastica generati annualmente per persona variano da 221 kg negli Stati Uniti e 114 kg nei Paesi europei, 69 kg in media per Giappone e Corea. La maggior parte dell’inquinamento da plastica deriva da una raccolta e uno smaltimento inadeguati di detriti di plastica più grandi noti come macroplastiche, ma anche la perdita di microplastiche (polimeri sintetici di diametro inferiore a 5 mm) da oggetti come pellet di plastica industriale, tessuti sintetici, segnaletica orizzontale e usura degli pneumatici è una seria preoccupazione. I Paesi dell’OCSE sono dietro il 14% delle perdite complessive di plastica. All’interno di questo, i Paesi dell’OCSE rappresentano l’11% delle perdite di macroplastiche e il 35% delle perdite di microplastiche. Il report rileva che la cooperazione internazionale sulla riduzione dell’inquinamento da plastica dovrebbe includere il sostegno ai Paesi a basso reddito nello sviluppo di migliori infrastrutture di gestione dei rifiuti per ridurre le perdite di plastica.
Alcuni dati interessanti arrivano dal Rapporto “Il caso Italia” 2023 dell’Osservatorio Waste Watcher International di Last Minute Market: se in generale gli italiani si sono dimostrati più sensibili al tema dello spreco alimentare, un monitoraggio promosso dal consorzio CONAI sottolinea l’attenzione dei nostri concittadini anche sul versante del packaging. Dall’indagine infatti emerge che, nonostante la congiuntura inflattiva, una percentuale molto alta di italiani, ben il 64%, dichiara di essere disponibile a spendere di più per frutta e verdura (gli alimenti più sprecati in Italia e non solo) se commercializzate in confezioni che permettono di conservare più a lungo questi alimenti, percentuale che scende tra il 48 e il 60 % per paesi quali Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. L’indagine mette inoltre in evidenza come la maggiore sensibilità al tema ambientale, che gli italiani hanno maturato dopo il periodo pandemico, si stia rafforzando. Tant’è che sta aumentando la consapevolezza del consumatore, sul peso che i propri comportamenti e le proprie scelte di acquisto e consumo, anche in ambito alimentare, hanno sull’ambiente e quanto orientarsi verso opzioni più sostenibili possa portare a benefici tangibili. Ciò trova conferma sempre nell’indagine condotta dall’Osservatorio Waste Watcher promossa da CONAI, in cui il 64% degli italiani attribuisce alle confezioni in materiale riciclato un elevato valore di sostenibilità in quanto permette di ridurre la quantità totale di rifiuti prodotti. Quindi, in definitiva, l’indagine mette in evidenza come i consumatori riconoscano al packaging due importanti funzioni, da un lato quella di permettere una migliore e più lunga conservazione del contenuto (contribuendo quindi a ridurre lo spreco), dall’altra quella di essere in grado di veicolare tutta una serie di informazioni in primis proprio quelle legate alle caratteristiche ambientali del pack e le indicazioni per il suo corretto conferimento in raccolta differenziata.
La maggiore attenzione verso la sostenibilità che emerge dal rapporto con il packaging viene confermato anche dalla mutata relazione che gli italiani dimostrano di avere con il cibo. Infatti Luca Falasconi responsabile scientifico del Report Italia di Waste Watcher sottolinea che, «causa anche lo scatto inflattivo, si stanno generando nuovi mutamenti negli stili di consumo e di relazione con il cibo e con lo spreco alimentare da parte delle famiglie. Sta infatti emergendo in modo chiaro una transizione verso un modello alimentare che parte dai concetti di piacere e convivialità legati al cibo, ma che si sta sempre più orientando verso la maggiore attenzione alla salubrità, alla naturalezza e alla sostenibilità. Il concetto di salutare ha subìto pertanto un’accentuazione, nel senso che il consumatore non pone più solo l’attenzione sugli effetti che il cibo che consuma (e in alcuni casi spreca) genera sulla propria salute ma anche su quella del pianeta in cui vive. Elemento questo che va ad ampliare anche gli effetti derivanti dalla riduzione degli sprechi domestici che nell’ultimo anno sono passati dai 595,3 g pro capite/settimana del 2022 ai 524,1 g pro capite/settimana del 2023».

Il fondatore Spreco Zero ed economista Andrea Segrè, Direttore scientifico Waste Watcher International, conferma: «l’influenza sul consumo delle cosiddette etichette fronte pacco è attestata come elemento sensibile nella decisione finale che induce il consumatore all’acquisto del prodotto. Mentre è in corso l’imminente decisione a livello europeo sull’adozione delle forme di etichette a semaforo oppure a batteria, semplificate dal Nutriscore e dal Nutrinform, la metodologia di indagine dell’Osservatorio Waste Watcher International punta a chiarire quali sono gli strumenti più adeguati per i consumatori ma anche quali possono essere gli effetti potenziali di certe scelte se non adeguatamente misurate e valutate.
E con una visione fondata sulla gerarchia europea prevenzione-recupero-smaltimento dei rifiuti alimentari, la Campagna Spreco Zero dal 2014 promuove la Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare (5 febbraio), proprio per mettere l’accento su questo aspetto distintivo fondamentale,
particolarmente importante anche nella definizione di “spreco” alimentare rispetto al termine “perdita” agricola e alimentare, che invece si riferisce al percorso dal campo fino alla distribuzione alimentare. Nella Giornata mondiale dell’Ambiente, lunedì 5 giugno 2023, si rende ancora più urgente la visione e adozione di un Global Recovery Food, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del sistema agroalimentare attraverso tre azioni: ridurre le perdite e gli sprechi alimentari attraverso la prevenzione per contenere l’impatto ambientale (sostenibilità); incrementare il recupero delle eccedenze a fini caritativi quando dimostrato che il beneficio è superiore al costo (solidarietà); adottare diete alimentari salutari promuovendo l’educazione alimentare (salute)».
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha destinato ingenti risorse alla “rivoluzione verde”, con lo sfidante obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera del 55% entro il 2030 e del 100% entro il 2050. Tema sempre più di attualità visti i danni che il cambiamento climatico sta portando anche al nostro territorio e alle nostre comunità. Attraverso l’adozione del Piano triennale di Sostenibilità, Emil Banca si è posta l’obiettivo di essere motore e benzina dello sviluppo sostenibile del territorio in cui è inserita. All’interno di questo processo, un ruolo fondamentale lo ha la transizione energetica: il cammino verso un modo di produrre energia che sia compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e con l’Accordo di Parigi che prevede la drastica riduzione delle emissioni di Gas serra. In questo percorso le banche hanno un ruolo fondamentale. Perché erogano i finanziamenti che servono agli operatori per rendere concreti ed efficaci gli investimenti pubblici messi in campo dal PNRR, e perché possono orientare e dirottare le risorse dei risparmiatori verso investimenti finanziari di tipo ESG, aumentando così i mezzi a disposizione della transizione ecologica. Già oggi, tutti i finanziamenti erogati da Emil Banca e coerenti con gli obiettivi dell’Agenda 2030 hanno una sensibile riduzione del tasso di interesse rispetto al resto dei finanziamenti. Dagli interventi sul sociale a quelli per la parità di genere e, per stare nel campo della transizione ecologica, quelli per l’efficientamento energetico, per l’istallazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, per un miglior utilizzo del suolo, per la conversione dei terreni ad agricoltura biologica e altri. Lato famiglie, sono offerti finanziamenti con tassi agevolati per chi vuole acquistare un’auto elettrica, installare una colonnina di ricarica o un impianto per la produzione di energia rinnovabile, migliorare la classe energetica della propria abitazione e così via. Alle imprese, i finanziamenti per investimenti sostenibili costano circa il 15% in meno rispetto ai crediti finalizzati ad altri scopi. Per le famiglie il vantaggio può arrivare fino al 30 per cento. Inoltre, Emil Banca sta stipulando accordi con partner esterni per accompagnare le imprese nella transizione alla sostenibilità, partendo dalla valutazione del loro attuale posizionamento e dei possibili obiettivi. Fonte : Spreco Zero