Per la “ Giornata della Memoria” : quel giorno a Varsavia

Testimonianza  di Paola  Lunghini

Premessa  :

Io  dell’  uprising  di Varsavia molte  cose  le  sapevo, non per  nulla  avevo  avuto  in liceo  quel  meraviglioso  professore  di  storia  e  filosofia   che  era  Renato  Fabietti…; e  sull’ argomento, esame  di  storia  all’  università a  parte,   avevo  letto  molto, anche  e  persino  il  romanzo  “Mila18” di  Leon Uris,  scrittore  americano  ma  di  polacca  origine, molto  popolare  negli anni  cinquanta /settanta :  Uris aveva  raggiunto  la  celebrità  con  “Exodus”,  da  cui  fu  poi  tratto  l’ omonimo  film,  con protagonista  Paul Newman.

Mila18  mi  aveva  creato  una  emozione  profonda, ma   era  talmente  atroce  che  promisi a  me  stessa  che  non l’  avrei  più  riletto.

Ma  nessuna  delle  letture  da  me  fatti  sull’  uprising   raggiunse  mai  la  intensità  di spiegazione   di  un signore  che  conobbi  a  Varsavia,   svariati anni  fa.

Ecco  come  andò.

 ***

Avevo ricevuto quell’  anno  un  invito  per  un Press Tour   di quattro  giorni  a  Varsavia,  per  i  primissimi di  marzo.

Proveniva  da  una  Società  di  relazioni esterne   molto  professionale con cui  ero  in eccellenti  rapporti (  essa

seguiva  da  Londra  la  comunicazione  per  diverse tra le  più  grandi  società  di  real estate  advisory e  developer  inglesi  presenti  in Europa,  e   mi  aveva  precedentemente   invitato   anche  in   altre  città , sempre  Press   Tours) , e  il  programma  era  più  che  allettante . Viaggio  aereo  pagato, full  hospitality  all’  Hyatt,  conferenza  stampa  con le  Istituzioni  locali ,  visita tecnica  ad  alcuni dei  principali  development  in corso nella  Capitale (  a  Varsavia  già  da  anni  c’  erano  già  TUTTI) , con  incontri  per  interviste  con top  manager,   un giorno a   Łódź    per  vedere  la  quasi  ultimata  riconversione  della   “Manufacktura “  da  maxi fabbrica  tessile  parasovietica  a  shopping  center  et  alia,  e  quello  shopping  centre  sembrava  il  paradiso ,   e  così  via.  (Al  disfacimento  dell’  impero  sovietico  la  fabbrica,  la  principale  di  Łódź ,  era    stata  dismessa :  ci  facevano  le  divise  e  la  biancheria   per   buona parte  dell’  armata rossa. La  terza città  della  Polonia,  quando  poi  la  vidi ,  mi parve   spaventosa  ) .

Una  quindicina erano  i  colleghi  come  me  invitati:   due  tedeschi,  alcuni  delle  nordiche,  gli  altri  anglosassoni,  li  conoscevo  quasi tutti.   Io  unica  italiana.

Programma  impegnativo,  ma  interessantissimo.  Ergo accettazione  dell’  invito  immediata.

Parto al mattino presto per  Varsavia e, all’ arrivo  in albergo,  sono  stremata. Ho  solo  voglia  di  riposare, anche  se  è lunch time.

Uscire,   10  sotto  zero e  mezzo metro  di  neve (  anche  se  le  strade  sono  pulite ),  è  impossibile. Riposerò  sino  a sera,  mi  dico, sino a  quando  nel  bar dell’ Hotel   ci  sarà  l’  incontro-cocktail    con i  colleghi, e  poi  la  cena…intanto studierò  la  cartella  stampa  che  ci  hanno  fatto  avere   in camera,  poi  magari  un po’  di  televisione…

Spalanco  le  tende  della finestra :  proprio  di  fronte  c’è  un building  con sulla  corona  la  scritta  Assicurazioni  Generali !!!

Scarica  di  adrenalina, e  mi  sento  a casa !!! La  stanchezza  è  passata !

-Mrs  Lunghini,  dice  il  compitissimo e  gentilissimo  direttore,  le  faccio  portare  un room service,  quello  che  vuole…

-No,  grazie,  ho  mangiato  qualcosa a  bordo  dell’  aereo,  adesso  vado  a  fare  una  passeggiatina  in centro. Vorrei  vedere  un po’  Varsavia, è la prima  volta  che  ci  vengo.

-Mrs  Lunghini,  dice  il  direttore,  anche  se  le  strade  sono   state  spazzate,  non mi  sembra  prudente. Se  lei  è  d’  accordo,  avrei  un’  idea  migliore.  Tra  poco  partirà  il  nostro  pullmino,  per  una  visita  guidata  che  durerà   almeno  tre  ore  e  le  consentirà  di  vedere  molto. Se  vuole,  la  “  blocco”  :  sarete  in sei,  oltre  all’  autista/ guida.

Idea  fantastica !  Disfaccio  in fretta i miei  bagagli  e  scendo.  Il  direttore  mi  affida  alle  cure  dell’ autista/ guida, e partiamo alla  scoperta  di  Varsavia.

Gli altri  ospiti  sono   due  americani e  tre  inglesi,  dall’ aspetto  manager  di  aziende  internazionali.  L’ autista/  guida,  Tony,  cerca  di  comunicare,  ma  è  difficile :  i  cinque  sono  interessati  ad  ascoltare  ciò  che  lui  racconta,  ma  non  c’è  verso di  reciprocità.

Tony, apparentemente   qualche anno  più  di  me  ma  ancora  assai  vigoroso, è  un  insegnante  di  inglese  in pensione , pensione  che  arrotonda  facendo  la  guida. Il suo  inglese  è  perfetto. Si sa  che  i  polacchi,  con le  lingue  straniere  ci  vanno  alla  grandissima,  non  li batte  nessuno.

Al  di  là  delle  mancette che  certo  riceve,  capisco  subito  in Tony  la  “passione polacca” :  del  suo  Paese – e  non solo – sa  tutto , e  la  sua  città  la  ama  visceralmente.

Mi sorregge  quasi  affettuosamente mentre  ci  conduce  al  “Palazzo sull’acqua”,  che  raccoglie  la  storia  della  Capitale. Per  raggiungerlo,  attraversiamo  il vastissimo “Parco Łazienki“. I  vialetti  sono  stati  spazzati,  ma  intorno  ci  sono  veri e  propri muri  di  neve.   

Raggiungiamo  il centro  del  parco,  dove  si  trova  il  monumento  a  Chopin.  Le  infinite  panchine  tutto  attorno  si  scorgevano  appena quel  pomeriggio,

  sepolte  com’  erano  sotto  la  neve.  Ma io,  quel  pezzo  di  Varsavia,  me  lo  vedevo  come  doveva  essere  a  maggio,  l’  infinito  anfiteatro  circondato  da  piante  di  rose,  e  il  pianoforte  al  centro,   con il  pianista  che  suonava   Chopin  per  la  gioia  dei  varsaviesi e  dei  turisti.

Commovente  da  star  male.  Tony  capisce  che  io  sono  commossa, ma  capisce  anche  che  con gli  altri  turisti  non  c’è   verso.

Ci  rimettiamo  in auto,  e  Tony   attraversa  la  città  in lungo e  in largo, e  ci  indica  i  principali  palazzi e  monumenti .  Stranamente,  ogni  volta  che  passiamo  davanti al  “  Palazzo  della  Cultura” , il grattacielo  più  alto  della  città e  allora  uno  dei  più  alti  d’  Europa,  non dice  nulla.

Lo sollecito :

-Tony,  se  non sbaglio,  quel  grattacielo  lì  ve  lo  hanno  regalato  i  russi !

_Capirà  che  regalo,  mia  cara  signora  italiana… con tutto  quello  che i russi  ci  hanno fatto  passare  !!!

Capisco  che  gli  piacerebbe  parlare  di  politica,   ma  non osa.  Ergo lascio  perdere.

Ormai quasi annotta  quando  il  giro “ turistico”   di  Varsavia  si  conclude  in quello  spazio  che  era  il  ghetto dove – a  Pasqua  1943-  iniziò  l’  uprising   di  Varsavia.

Non so come  sia  oggi : ciò  che  io vidi,  quel  tardo pomeriggio,  era  solo  un grande  spazio  vuoto,  sepolto  sotto  la  neve.  Aveva  contenuto,  prima  di  ammazzarle,  circa  500  mila  persone di  religione  ebraica.  Nulla  vi  era  stato poi ri- costruito  sopra,  se  non  l’  orgoglio  di  quell’  uprising.

Io  pensavo ai   numeri  che  conoscevo :  Varsavia  era  stata  completamente  distrutta  e  decimata ,   la  stragrande   maggioranza   della  popolazione  di  quella  che prima  del  nazismo (  circa  1, 3  milioni)  era  stata  la “  Parigi  dell’  Est”   era   morta in modo  atroce.

Rientriamo  in albergo. I  cinque  compagni anglosassoni lasciano a  Tony una  mancia.

Io  mi  trattengo  un poco

-Tony,  vorrebbe  venire  a  bere  una  birra  con me in albergo,   così  mi  racconta? Offro  io.

-Volentieri  ,  mia cara  amica  italiana, ma  non al bar  dell’  Hyatt,  sarebbe  inappropriato. Lei  è  una  ospite  di riguardo ,  io  sono  solo  un  povero  autista.  Se  vuole,  c’è  un  baretto  qui dietro  l’ angolo…

E  cominciò a  parlare.

Senza  por  tempo  in mezzo  gli  chiesi  subito  se  era  nato  nel  ghetto durante  l’  uprising  o  forse  prima  o  dopo .  Sì,  signora, io  sono  ebreo  e  sono  nato  nel  ghetto, e ancora  non so  come  ho  fatto  a  sopravvivere .

Cominciò a  raccontarmi  cose  che  sapevo, ma  ancora  più  spaventose . Stavamo  male  in due,  di  fronte  a  una  bella  birra, lui  che  mi  raccontava  le  atrocità  che  aveva  in memoria   in prima  persona, e  attraverso  le  parole  dei  suoi  pochi amici/parenti  sopravvissuti alla  follia.

Tony  odiava  ancora ,  dopo  tanti  decenni , e   di  uguale  odio,   i  tedeschi  e  i  russi.

-Paola,  quando  ci   fu  l’  uprising,  e  noi  nascosti  nelle  fogne morivamo  a  migliaia,  nel 1944 i  russi  erano a  pochi  chilometri  da  noi al  di  là  della  Vistola, e  non mossero  un dito. Poi  sono  passati  alla   Storia come  i  liberatori  dei  campi  di  sterminio.

Il  giorno successivo  iniziava  il  Press  Tour. Il  giorno appresso   il  principale  quotidiano di  Varsavia  aveva  in prima  pagina  la  news  di  un  “importante  Press  Tour  di  giornalisti  internazionali”…

NOTA :  suggerisco  la  lettura  di  “Varsavia  1944”  scritto  da  Paolo Colombo ,  Ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche presso l’  Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano.  Il  documentatissimo  volumetto ( qui,  nell’  immagine,   la  copertina)  è  uscito  negli  scorsi  giorni,  pubblicato da  il Sole  24 Ore Cultura.

Ogni pagina  è  preziosa.