Un turismo da ripensare

di Achille Colombo Clerici

Il positivo risultato dei “ponti” di primavera ( oltre 21 milioni di persone in viaggio e giro d’affari di oltre otto miliardi) è un buon viatico per la stagione turistica in una Italia che, dopo la batosta della Grande Crisi, ha ripreso a inanellare dati di segno positivo. Si tratta ora di non chiudersi nell’orizzonte temporale di pochi mesi, ma di allungare lo sguardo al prevedibile futuro, nel quale non si possono escludere brutte sorprese, considerate le guerre, commerciali o militari sempre incombenti.

Secondo gli operatori nazionali, il turismo – motore per la crescita, i consumi, l’occupazione – che lo scorso anno ha dato lavoro, direttamente o indirettamente, al 14% degli occupati in Italia (destinato a salire al 16,5% nel 2028) ha prodotto una ricchezza di 227 miliardi, pari al 13% del Pil. E, sempre secondo le previsioni, nel 2023 ci saranno nel settore 250 mila occupati in più.

In questo panorama, Milano e la Lombardia sono soggetti di primo piano. Milano è diventata una città turistica tout court e non solo un punto d’attrazione per il turismo di affari. Il trend, se si considerano gli ultimi dieci anni, è impressionante. La componente straniera è cresciuta del 90 per cento (al primo posto ci sono gli Stati Uniti, seguono la Germania, la Francia, la Cina).

Ma il nostro Paese, che pure offre a livello mondiale il piu’ ricco asset di beni culturali e un patrimonio eccezionale di bellezze naturali, ha qualche svantaggio rispetto ai nostri piu’ diretti competitor, Francia e Spagna. Anche a causa di alcune lacune storiche: poca attenzione alla pianificazione strategica, incapacità di promuovere l’immagine del Paese e bassi investimenti infrastrutturali pubblici, abusivismo ed evasione fiscale, eccessivi oneri fiscali a carico degli operatori. Ed anche una certa immagine di disordine, di confusione, di congestione, della quale l’imbrattamento delle case è il più plastico emblema.

Passi avanti si sono fatti. Bankitalia insiste sulla necessità di politiche innovative e cita ad esempio la riforma organizzativa dei musei statali. Misura anche l’impatto economico di qualche piattaforma per le locazioni brevi, la quale, aumentando la concorrenza con l’offerta di alloggi privati, contribuisce ad accelerare la “ricomposizione qualitativa” dell’offerta alberghiera verso strutture più qualificate.

Infine, è improcrastinabile uniformare i flussi turistici nelle varie aree del Paese. Le regioni del Nord e del Centro ne intercettano la maggior parte, ma nel Mezzogiorno – nonostante le meravigliose coste, i parchi nazionali, i siti archeologici – le presenze dei turisti stranieri sono solo il 15% del totale. Per contro altre aree, Venezia e Firenze in primis, soffrono di “sovraturismo”, che rischia di snaturarne la stessa essenza.

(Tratto da Il Giorno, 25 maggio 2019)