ASSEMBLEA ANNUALE ASSOIMMOBILIARE OGGI A ROMA

LA RELAZIONE  DEL PRESIDENTE SILVIA ROVERE

Contributo del settore immobiliare alla crescita economica e alla tassazione

Come emerge dalle relazioni di Banca d’Italia, nel nostro Paese il valore complessivo degli investimenti in costruzioni e della spesa per affitti e servizi di intermediazione immobiliare rappresenta in un anno quasi un quinto del PIL. In attività immobiliari è investito il 60 per cento del patrimonio complessivo delle famiglie. I prestiti alle famiglie per mutui immobiliari e quelli alle imprese del settore sono circa un terzo degli impieghi bancari totali.

Al tempo stesso i dati Nomisma evidenziano come l’Italia sia uno dei pochi Paesi Europei a non aver recuperato il livello dei prezzi delle case raggiunto prima della crisi finanziaria del 2008. Esiste infatti una evidente correlazione negativa tra il pesante inasprimento della tassazione immobiliare a partire dal 2012 e il prezzo delle abitazioni: la manovra del Governo Monti ha comportato la crescita di oltre il 200% dell’IMU sugli immobili diversi dall’abitazione principale e tale aggravio ha portato il peso della tassazione complessiva sul settore a circa 40 miliardi di Euro l’anno.

La conseguenza di questa pesantissima tassazione è stata una ulteriore decrescita dei prezzi delle case – già crollati a seguito della crisi – e di conseguenza un’erosione strutturale dei risparmi delle famiglie, che sono appunto investiti per circa il 60% in immobili. Ed è evidente che la perdita di valore dei risparmi impatta negativamente sulla propensione al consumo e quindi sul PIL del Paese.

La manovra del 2012 non aveva soltanto aggravato il peso fiscale, aveva anche modificato le condizioni dei contratti dove la PA figurava come conduttore: su tali contratti è stato applicato una riduzione del 15% e il blocco dell’indicizzazione. La modifica unilaterale ex-lege di un contratto di natura privatistica, secondo il parere di autorevoli giuristi, aveva profili di dubbia costituzionalità, ma in un momento di emergenza del Paese si è deciso, per senso di responsabilità, di non farli valere. Tuttavia, la riduzione del 15% dei canoni e il blocco dell’indicizzazione avrebbero dovuto essere misure temporanee, sarebbero dovute durare 2 anni: invece ne stiamo parlando oggi perché tutti i Governi successivi le hanno confermato. Il danno di credibilità che queste decisioni causano nei confronti degli investitori domestici e internazionali che avevano acquisito tali immobili, contando sull’affidabilità del conduttore pubblico nell’adempimento degli obblighi contrattuali, è di gran lunga superiore ai risparmi che si sono generati. L’abbiamo pagato e lo continueremo a pagare con uno spread sui titoli di Stato a dieci anni che, pur se lontano dai massimi, continua ad essere superiore a quello della Spagna ed oggi addirittura a quello della Grecia.

Il new green deal e la rigenerazione urbana

La moderata ripresa dell’economia nel biennio 2016-2017 è stata trainata principalmente dal buon andamento delle esportazioni, mentre la domanda interna è rimasta debole e oggi siamo in stagnazione.

Di fronte al rallentamento delle prospettive di crescita mondiale, minacciate dalle guerre commerciali in corso, la politica economica del nostro Paese deve necessariamente perseguire l’obiettivo della ripresa degli investimenti e dei consumi interni.

Ma non vi può essere ripresa dei consumi e degli investimenti senza il contributo decisivo del settore immobiliare e delle costruzioni e il rilancio dovrebbe essere la priorità di una politica che voglia davvero darsi l’obiettivo della crescita stabile e sostenibile.

Il discorso di insediamento del Governo Conte II, con il riferimento al new green deal ci aveva fatto ben sperare: pensavamo che si fosse capito quanto è importante e urgente, anche in un’ottica di sostenibilità ambientale, far ripartire gli investimenti sulla riqualificazione di un patrimonio immobiliare pubblico e privato che nel suo complesso mostra chiari i segni della carenza di manutenzione negli oltre 10 anni di crisi.

Invece il new green deal si è tradotto nella plastic tax!

E allora anche su questo occorre fare chiarezza: certamente la riduzione dell’uso della plastica è positiva per il pianeta e noi siamo assolutamente a favore di politiche che vanno nella direzione di politiche che tutelano l’ambiente, ma dal punto di vista della salute pubblica in questo momento la vera emergenza è l’inquinamento dell’aria nelle nostre città, per il quale l’Italia è già stata deferita due volte alla Corte di Giustizia Europea (nel 2018 e di nuovo nel 2019 – per aver sistematicamente superato i valori limite di biossido di azoto in 10 città in cui vivono oltre 7 milioni di persone).

Occorre ribadire che il contributo del riscaldamento degli edifici all’inquinamento atmosferico è di gran lunga superiore a quello del sistema dei trasporti su strada, con un divario che è largamente cresciuto negli ultimi anni come mostrano chiaramente i dati Eurostat. Come ben sanno i Sindaci, le giornate di stop al traffico sono misure palliative che non risolvono il problema: occorrono invece interventi di larga scala sull’efficienza energetica degli edifici e sulla rigenerazione delle periferie.  

Guardando alla Legge di Bilancio, gli incentivi alle famiglie (ecobonus e sisma bonus), che pure dimostrano come la leva fiscale possa essere ben utilizzata per favorire gli investimenti (infatti hanno generato circa 28 miliardi di PIL sia nel 2017 sia nel 2018), non sono tuttavia sufficienti perché operano limitatamente agli immobili ad uso abitativo di proprietà dei privati.

Occorre dunque una politica complessiva che stimoli gli investimenti in chiave di riqualificazione sia di case da destinare alla locazione sia di immobili che non sono di proprietà delle famiglie (come uffici, centri commerciali, ospedali, scuole, residenze sanitarie assistite, residenze studentesche).

Questo anche per dare un risposta in termini di sostituzione edilizia alla situazione di grave degrado dei quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica per i quali la prolungata mancanza d’interventi di manutenzione ha compromesso la possibilità di rigenerare gli edifici. Per taluni interventi potrebbe essere anche troppo tardi.

La rigenerazione urbana è la risposta: come dimostrano i numerosi casi di successo che sono stati realizzati in molte città Europee che hanno un tema di crescita e riconoscono che l’industria immobiliare può dare un importante contributo (Amsterdam, Parigi, Berlino, Colonia, Marsiglia, Lisbona, per citarne alcune), questi progetti di riqualificazione su larga scala delle periferie ridanno vita a quartieri che erano caratterizzati da gravi situazioni di povertà, degrado e insicurezza.

Questi interventi, che generano un contributo positivo anche in chiave di sostenibilità, sono stati realizzati grazie all’investimento di capitali istituzionali, che sono stati attirati da incentivi mirati ma soprattutto da chiarezza e costanza delle regole. Proprio l’aspetto della sostenibilità avrà un ruolo fondamentale nella scelta di allocazione degli investimenti, considerato che nell’ambito del nuovo quadro normativo europeo le scelte di intermediari, gestori e investitori saranno basate e successivamente valutate anche sulla base di criteri ESG (environmental social and governance).

Si è così attivata una competizione virtuosa tra le grandi città che hanno compreso l’occasione offerta da una situazione perdurante di tassi d’interesse talmente bassi da portare naturalmente gli investitori a ricercare rendimento in un’asset class d’investimento, quella dello sviluppo immobiliare, tradizionalmente percepita come rischiosa. Abbiamo un’occasione straordinaria da cogliere ma dobbiamo far sì che i capitali internazionali scelgano di puntare sulle nostre città.

In Italia soltanto Milano, favorita da fondamentali molto solidi e da una continuità dell’azione amministrativa, sta beneficiando di questa opportunità unica.

La nuova legge regionale della Lombardia, pubblicata in questi giorni, introduce misure di semplificazione e incentivazione che ci auguriamo possano estendere a tutta la Regione i benefici del ciclo positivo della città di Milano.

Assoimmobiliare ha partecipato attivamente alla stesura della norma, presentando proposte e raccomandazioni che sono state valutate e in gran parte accolte: proprio in occasione della nostra Assemblea annuale dello scorso anno, l’Assessore Massimo Foroni aveva annunciato la volontà di approvare il provvedimento entro il 2019 e ci sembrava oggettivamente un obiettivo ambizioso.

Invece è stato possibile, attraverso il confronto aperto e costruttivo, arrivare in pochi mesi ad una riforma organica e innovativa di tutta a materia del governo del territorio: i capisaldi sono la semplificazione dei procedimenti, il potenziamento dell’indifferenza funzionale, incentivi volumetrici (con bonus ex lege fino al 20% dell’indice massimo di edificabilità previsto) ancorati al perseguimento di criteri di sostenibilità ambientale e sociale (ad esempio le bonifiche, il superamento delle barriere architettoniche) la riduzione degli oneri di urbanizzazione e del contributo di costruzione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e per la bonifica degli edifici e dei suoli contaminati.

Analoghe normative sono state approvate recentemente in Emilia Romagna, in Veneto e in Lazio e molte città si stanno dotando di PGT che vanno nella stessa direzione.

Questa maggiore attenzione delle Amministrazioni locali allo sviluppo del territorio e delle città non discende soltanto dalla competenza attribuita dall’ordinamento costituzionale, ma deriva anche da una maggiore vicinanza ai cittadini/elettori che si traduce in una capacità di visione e di programmazione dell’azione politica in funzione di obiettivi di medio periodo. Quello che riscontriamo è che purtroppo l’instabilità politica a livello centrale che caratterizza il nostro Paese non favorisce una programmazione di medio termine, mentre occorrerebbe avere un orizzonte temporale di più ampio respiro per definire delle politiche economiche efficaci.

Il rilancio di Roma Capitale

Consentitemi di aprire una parentesi su Roma Capitale: la costante perdita di posizioni in tutte le classifiche di competitività non fa altro che certificare un declino della città che i cittadini Romani vivono ormai da tempo.

Il divario accumulato nelle infrastrutture e nei servizi di mobilità, nell’offerta e nell’efficienza dei servizi pubblici e in quasi tutti i parametri che compongono l’attrattività di una città con vocazione internazionale, temo che richiederà molti anni per essere colmato.

Roma, la città eterna, la capitale dove sono stati firmati i Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea nel 1957, non è nemmeno stata considerata dalle agenzie europee e dalle multinazionali che dovevano ricollocarsi post-Brexit.

Mentre le altre capitali facevano a gara per mostrarsi attrattive, l’unico provvedimento dell’amministrazione che ha riguardato il nostro settore è stato l’incomprensibile blocco totale delle licenze per le medie superfici commerciali nel centro città, che ha paralizzato le attività per oltre 2 anni. Grazie anche all’intervento di Assoimmobiliare, l’Assemblea Capitolina ha sostanzialmente ripristinato le regole preesistenti, che pur non essendo propriamente orientate al mercato, consentono almeno di poter ottenere le licenze per talune categorie merceologiche. 

Noi non ci rassegniamo ad assistere a questo declino ed eserciteremo con convinzione il nostro mandato di rappresentanza.

Dopo l’esperienza positiva del tavolo “C’è Milano da fare”, che ha contribuito in maniera importante ad indirizzare il contenuto del PGT di Milano, abbiamo avviato un analogo tavolo di lavoro su Roma. Hanno già aderito tutti i principali operatori ed investitori e stiamo raccogliendo la disponibilità a partecipare da parte di altre associazioni imprenditoriali interessate, degli ordini professionali e dei rappresentanti delle cooperative di abitazione.

Come per Milano, troveremo una sintesi e presenteremo le nostre proposte all’amministrazione nella certezza che il rilancio di Roma Capitale richieda una aperta e fattiva collaborazione tra le istituzioni e il mondo delle imprese e degli investitori.

Una cosa però la chiediamo subito: chiediamo alle amministrazioni locali, Comune, Provincia e Regione, di mostrare capacità di visione, lealtà e senso di responsabilità quando si prendono decisioni che hanno impatto su chi ha effettuato importanti investimenti.  Roma Capitale non può più permettersi di stare ferma a causa di situazioni di conflitto e di contrapposizione motivati da interessi politici di parte: ci riferiamo in particolare al blocco delle pratiche edilizie da parte dell’amministrazione comunale, in disaccordo con la legge regionale sulla rigenerazione urbana del 2017. Occorre che le istituzioni sappiano trovare una sintesi. Dalla mancanza di decisione deriva un grave danno.

Le proposte di Assoimmobiliare

Se le Regioni dimostrano sensibilità e attenzione alla potenzialità della rigenerazione urbana, manca invece completamente una visione del Governo e del Parlamento sul tema. Auspichiamo che il Ministro Franceschini e i Sottosegretari Margiotta e Morassut che oggi ci onorano della Loro presenza possano a trasmettere a tutto il Governo la dimensione delle sfide che la nostra industria sta affrontando e si possa, lavorando insieme, trasformarle in opportunità.Conosciamo l’approccio pragmatico e aperto che il Ministro ha adottato fin dal Suo precedente incarico come Ministro dei Beni e delle Attività Culturali: è un metodo che ha permesso di raggiungere in poco tempo risultati importanti nella gestione e fruizione dello straordinario patrimonio dei Musei Italiani e di siti archeologici come Pompei ed Ercolano.E’ un metodo che guarda positivamente alle migliori esperienze internazionali per valorizzare le nostre eccellenze, che in ogni campo – dall’arte, all’architettura, all’ambiente naturale ai prodotti eno-gastronomici – vede l’Italia in cima alla graduatoria dei Paesi con il maggior numero di siti riconosciuti dall’Unesco. E’ un metodo che permetterebbe di far partire i grandi progetti di rigenerazione in un contesto favorevole dal punto di vista dei capitali disponibili. Il Governo tuttavia non sembra abbia identificato questa priorità, e certamente non sarà l’introduzione del “bonus facciate” a cambiare il volto delle città, mentre il Parlamento porta avanti discussioni inconcludenti su diversi progetti di legge sulla rigenerazione e sul consumo di suolo. E dunque, nell’attesa, l’intera materia continua ad essere normata dalla Legge Urbanistica del 1942. Stiamo dicendo che tuttora, nel 2019, “l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo urbanistico nel territorio del Regno” sono disciplinati dalla Legge 1150 promulgata il 17 agosto del 1942 da Vittorio Emanuele III, re d’Italia e d’Albania, Imperatore d’Etiopia. All’art. 1 la legge prevede che il Ministero dei lavori pubblici persegua anche lo scopo di “favorire il disurbanamento e di frenare la tendenza all’urbanesimo”. Ora noi sappiamo che già più di metà della popolazione mondiale vive nelle città e secondo il Rapporto dell’ONU (World Urbanization Prospect 2018) entro il 2050 saranno oltre due terzi degli abitanti a vivere nelle città.Questi trend demografici sono dettati principalmente da innovazioni tecnologiche che incidono profondamente sulle opportunità e sugli stili di vita delle persone e chiaramente non possono essere “frenati” da un Ministero. Quello che invece è possibile e doveroso fare è governare in funzione di questi cambiamenti e trasformarli in opportunità di crescita economica e di miglioramento delle condizioni di la vita delle persone, e ci sarebbero tutti i presupposti per farlo. Oggi ci sarebbero tutte le condizioni per lanciare un vero new green deal che si ponga come obiettivo la rigenerazione delle periferie e la crescita sostenibile delle città: e si tratta di sostenibilità non solo economica e ambientale, ma anche e soprattutto sociale.Infatti occorre dare una risposta ad una crescente domanda di abitazioni in locazione richieste dalle famiglie a basso reddito, dagli studenti, da giovani coppie, lavoratori che devono cambiare città e anziani. Riteniamo che per rispondere alle sfide dello sviluppo urbano e dare risposte alle esigenze delle persone occorra prioritariamente agire in due direzioni: attrarre nel mercato immobiliare maggiori investimenti istituzionali, anche dall’estero, e rimuovere gli ostacoli, prevalentemente di natura fiscale, che oggi gravano sugli investimenti destinati allo sviluppo del mercato delle locazioni abitative. Per aumentare l’afflusso di capitali esteri nel settore immobiliare italiano è necessario migliorare l’attrattività dello strumento delle Società di investimento immobiliare quotate (SIIQ) rendendolo più consono alle esigenze degli investitori internazionali. Assoimmobiliare ha elaborato una proposta normativa che novella la legislazione italiana in materia di SIIQ armonizzandola alle altre normative vigenti nei Paesi europei e aggiornandone i termini economici per tenere conto della situazione attuale della tassazione nel nostro Paese.

La proposta, nello specifico, introduce tre innovazioni:

1) adegua l’imposta di ingresso (l’entry tax) nel regime SIIQ ai valori delle imposte sul reddito delle società, così che dall’attuale 20% di entry tax (che rappresenta un forte disincentivo all’adozione del regime SIIQ) si passerebbe al 12%;

2) allinea la tassazione degli utili degli investitori stranieri che operano in Italia in regime SIIQ alla tassazione applicata in altri Paesi alla medesima fattispecie di investitori, i cui utili non vengono generalmente tassati localmente ma solo in capo al socio della società madre in sede di distribuzione;

3) consente agli investitori esteri di effettuare i loro investimenti in Italia in associazione con operatori locali su singoli progetti senza rinunciare al regime SIIQ.

L’introduzione di queste misure aprirebbe il mercato italiano all’afflusso di investitori esteri con un effetto positivo anche sul gettito fiscale, quantificabile in circa 230 milioni di Euro, cui si aggiungerebbero imposte indirette legate al maggior volume di transazioni immobiliari stimabili in maniera prudenziale in almeno 25 milioni di Euro aggiuntivi annui.

Un volume più rilevante di investimenti esteri in Italia genererebbe anche un incremento degli investimenti nel settore delle costruzioni e delle riqualificazioni di immobili esistenti, con impatto ancor più diretto e significativo sul PIL, attraverso lo sviluppo dell’indotto e il sostegno all’occupazione.

In continuità con le migliori regolamentazioni ed esperienze del social housing in Italia, Assoimmobiliare ha inoltre elaborato una proposta normativa per la promozione della locazione abitativa mirante a sviluppare il mercato delle locazioni residenziali da parte degli operatori professionali che gestiscono l’investimento collettivo del risparmio (i.e. immobiliari di gestione, Fondi comuni e Sicaf). La proposta prevede che, in relazione alle locazioni e cessioni di fabbricati abitativi non di lusso, possa essere esercitata l’opzione per l’imposizione IVA, rimuovendo così il disincentivo per gli investitori rappresentato dall’impossibilità di detrarre l’IVA assolta a monte al momento dell’acquisto che oggi rende non conveniente l’investimento in immobili residenziali da parte di investitori istituzionali. 

Abbiamo auspicato che queste proposte potessero sin da subito, sin dall’attuale sessione di Bilancio, essere accolte dalle istituzioni ed entrare nel quadro normativo, innovandolo e ridando ossigeno, in questa fase economica delicatissima, al settore delle costruzioni e dell’immobiliare attraverso l’afflusso di investimenti privati.

Se ciò non fosse possibile in questo momento, Assoimmobiliare continuerà a lavorare nei prossimi mesi insieme a Governo, Parlamento, Amministrazioni Regionali e Comunali, portando la vastissima e concreta esperienza dei propri Associati, alla definizione di politiche per le città – e per gli investimenti nelle città – che le rendano competitive, aperte, sicure, pulite e a misura delle nuove esigenze di residenza, lavoro e vita dei cittadini.